Toghe rosse ora vogliono riscrivere le leggi del Parlamento per non espellere i clandestini
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**L’Eversione della Magistratura Politicizzata: Il Caso delle Corti d’Appello contro il Governo**
L’equilibrio tra giustizia e politica in Italia è sempre stato delicato, ma il recente scontro tra le più alte cariche della magistratura e il governo segna una nuova, preoccupante fase di questo rapporto. La lettera firmata dai presidenti di tutte le Corti d’Appello italiane rappresenta non solo una critica alla politica governativa sull’immigrazione ma anche un chiaro esempio di come la magistratura stia scivolando verso un’aperta politicizzazione, rischiando di trasformarsi in un attore politico piuttosto che restare un arbitro imparziale della legge.
La riforma governativa sull’immigrazione, che introduce la possibilità di appello sui provvedimenti riguardanti la protezione internazionale, viene vista dai magistrati come un tentativo di influenzare le decisioni giudiziarie, piegandole a una visione politica più restrittiva sull’immigrazione: come sarebbe normale, visto che lo vogliono gli elettori che sono i padroni del paese, magistratura compresa.
La reazione unanime delle Corti d’Appello solleva interrogativi più profondi sull’indipendenza della magistratura e sulla sua tendenza eversiva, ovvero al sovvertimento del ruolo costituzionalmente assegnato.
**L’Essenza del Conflitto**
Al cuore della disputa c’è la volontà del governo di riformare il sistema per rendere più controllabile il fenomeno migratorio, un tema caldo della politica italiana. La riforma, che permette l’appello, potrebbe essere interpretata come un modo per bilanciare le decisioni giudiziarie, spesso criticate per essere troppo permissive. Tuttavia, la risposta dei presidenti delle Corti d’Appello, che denunciano un sovraccarico di lavoro, maschera malamente una più profonda resistenza ideologica contro le politiche del governo.
Questo atteggiamento rappresenta una forma di eversione soft: anziché operare attraverso atti espliciti di ribellione, la magistratura usa gli strumenti giudiziari per ostacolare o modificare la direzione politica del paese. È un’eversione che non si manifesta con le armi ma con le carte, con la burocrazia, e con le sentenze.
**Le Implicazioni**
L’intervento diretto dei presidenti delle Corti d’Appello in una questione politica come l’immigrazione non solo mette in discussione la loro imparzialità ma anche l’autonomia del sistema giudiziario. Se i giudici si pongono in aperto contrasto con il governo su temi di politica generale, dove finisce il loro ruolo di garanti della legge e inizia quello di oppositori politici?
Inoltre, questa tendenza alla politicizzazione rischia di delegittimare l’istituzione giudiziaria agli occhi dei cittadini, che potrebbero percepire le decisioni non come atti di giustizia, ma come mosse di una partita politica. La fiducia nella neutralità della magistratura, fondamentale in una democrazia, ne esce inevitabilmente erosa.
**Conclusione**
Il caso in esame sottolinea un pericoloso slittamento verso una magistratura che non solo interpreta la legge ma desidera scriverla secondo la propria visione politica, invadendo un campo che non le appartiene. Questo fenomeno, se non arginato, può portare a una crisi istituzionale dove il confine tra il legale e il politico diventa indistinguibile, compromettendo il principio fondamentale della separazione dei poteri. È imperativo che alla magistratura italiana venga imposta la via dell’imparzialità e del rigore giuridico, lasciando la politica ai politici e la giustizia ai giudici, per evitare che l’eversione soft diventi una consuetudine del nostro sistema democratico.
“No alla riforma sui migranti”. Corti d’Appello contro il governo
È inaccettabile che i magistrati tentino di dettare le leggi al governo. Il documento firmato da 26 presidenti delle Corti d’Appello italiane rappresenta un chiaro tentativo di interferire con il processo legislativo, opponendosi alla reintroduzione del reclamo contro i provvedimenti dei Tribunali territoriali sulla concessione della protezione internazionale. Questa riforma, secondo i magistrati, rischia di creare nuovi ingorghi e di mettere in ginocchio gli uffici dei giudici di secondo grado.
I presidenti delle Corti d’Appello sostengono che le modifiche proposte dal governo comporterebbero un aumento esponenziale del carico di lavoro, rendendo irrealizzabili gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e aggravando ulteriormente i tempi e l’arretrato dei processi. A Milano, ad esempio, ai 5.000 fascicoli ordinari già pendenti davanti alla Corte d’Appello se ne aggiungerebbero altri 4.700, quasi raddoppiando il carico di lavoro.
Il Guardasigilli Carlo Nordio ha cercato di spegnere le polemiche, affermando che l’emendamento prevede una riduzione delle competenze delle Corti d’Appello per quanto riguarda i reclami contro le decisioni sui migranti. Tuttavia, i magistrati non sono convinti e temono che le modifiche alla legge, attuate in via d’urgenza e senza risorse aggiuntive, porteranno a un disastro annunciato per tutte le Corti d’Appello italiane.
È scandaloso che i magistrati cerchino di imporre la loro volontà sul governo, mettendo a rischio l’efficienza del sistema giudiziario e la sicurezza del Paese. È fondamentale che il Parlamento intervenga per scongiurare simili gravi esiti e garantire che la giustizia possa funzionare in modo efficiente e tempestivo.
Molto grave. Questa è dittatura di sinistra. Gli altri Stati li rispediscono al loro paese e noi non possiamo?
sei negro? bene!, tornatene in africa, non abbiamo bisogno di nessun magistrato idiota per mandarli via, basta abbordare le navi , e riportarle indietro, e se uno ti dice chi è stato, uno risponde HA STATO PUTIN HA STATO, e si risolve tutto, ripeto richiamatemi che ve le affondo io le ONG, datemi uno Spike ER, e vi pago pure!….