Un altro Ramy stava per morire sul ‘lavoro’ ma lo salvano i vigili
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Il “rapinatore” è 35enne bosniaco, già noto alle forze dell’ordine per reati contro patrimonio, come il resto della banda. https://t.co/mQt4dxhHUG
— Francesca Totolo (@fratotolo2) February 11, 2025
In un’epoca in cui la sicurezza pubblica dovrebbe essere una priorità assoluta, ci troviamo di fronte a uno scenario che lascia senza parole. Una recente tentata rapina a Verona ha visto coinvolti rapinatori di origine straniera, tra cui un 35enne bosniaco con un curriculum criminale già noto alle forze dell’ordine. Questo episodio sarebbe solo un altro capitolo della cronaca nera, non fosse per le reazioni che ha suscitato in alcuni ambienti.
È inaccettabile che ci siano persone che, invece di condannare senza riserve atti criminali come questi, trovano il coraggio di difendere, o peggio, giustificare i rapinatori a causa della loro nazionalità. Questo atteggiamento non solo mina la giustizia, ma invia un messaggio pericoloso: che la criminalità può essere scusata se il colpevole è uno straniero.
Dove sono i valori di legalità e sicurezza? Perché dovrebbe importare da dove proviene il criminale quando il crimine è stato commesso? La giustizia non dovrebbe conoscere etnia, nazionalità o background culturale. L’indignazione non deriva solo dall’atto criminoso in sé, ma anche dalla narrazione che cerca di manipolare l’opinione pubblica, suggerendo che l’inseguimento da parte delle forze dell’ordine fosse eccessivo o ingiustificato.
La nostra società è costruita su principi di rispetto della legge e protezione dei cittadini. Difendere chi viola questi principi con la scusa della loro origine etnica è una grave distorsione della giustizia. Dobbiamo chiederci: dove finisce la tolleranza e inizia il permissivismo verso la criminalità?
I crimini contro il patrimonio non sono meno gravi perché commessi da stranieri; sono crimini che mettono a rischio la sicurezza di tutti, indipendentemente dalla loro provenienza. È tempo di smettere di usare il multiculturalismo come scudo per giustificare l’ingiustificabile. La nostra indignazione è giustificata, e la nostra richiesta è chiara: giustizia per tutti, senza discriminazioni, ma anche senza giustificazioni che minano la sicurezza e la legalità.
È fondamentale che la società, i media e i leader politici si uniscano nel condannare senza ambiguità questi atti criminali, assicurandosi che la legge sia applicata in modo equo e senza pregiudizi. Solo così potremo sperare in una comunità dove la sicurezza non sia un privilegio, ma un diritto di tutti.
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