Ora le toghe rosse vogliono i drogati liberi di guidare
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Si torna sempre al solito punto: le leggi le fa il Parlamento o quindici toghe rosse della Consulta? Non saremo mai un paese democratico finché esisterà una corte costituzionale.

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Le toghe rosse difendono i drogati al volante: il caso di Pordenone
Ancora una volta, le toghe rosse si schierano contro il buonsenso e la sicurezza dei cittadini. Il Tribunale di Pordenone ha deciso di rinviare alla Corte Costituzionale il nuovo Codice della Strada, sollevando dubbi di legittimità costituzionale su una norma che punisce chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, anche senza una valutazione immediata degli effetti sulla capacità di guida. Una mossa che sembra voler proteggere i drogati al volante, mettendo a rischio la sicurezza di tutti.
Il caso nasce da un incidente stradale avvenuto il 24 dicembre 2024: una donna, alla guida del suo veicolo, ha causato un sinistro, finendo per essere ricoverata all’ospedale di Pordenone. Qui, l’esame delle urine ha rivelato una positività agli oppiacei (516 ug/l), mentre l’analisi del sangue risultava negativa. La conducente, che ora rischia un decreto penale di condanna, ha dichiarato di aver assunto i ansiolitico (delorazepam) e un farmaco contenente codeina (Tachidol) per una patologia cronica, asserendo di non aver assunto droghe. Ma il punto non è la sua giustificazione: il punto è che le toghe rosse vogliono usare il caso per lasciare i drogati alla guida.
La gip Milena Granata, accogliendo la richiesta del pm Enrico Pezzi, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla nuova formulazione dell’art. 187 del Codice della Strada, introdotta con la legge 177/2024. La norma, voluta dal ministro Matteo Salvini, elimina il requisito dello “stato di alterazione psicofisica” per punire chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, trasformando il reato da pericolo concreto a pericolo astratto.
In parole semplici, non serve più dimostrare che il conducente fosse effettivamente alterato: basta la presenza di sostanze nel suo organismo per configurare il reato. Una scelta logica, visto che chi assume droghe o farmaci oppiacei rappresenta comunque un rischio per la sicurezza stradale, come dimostra il caso in questione.
Ma per le toghe di Pordenone, questa norma è troppo severa. Sostengono che punire chi ha assunto sostanze, senza accertare un’alterazione psicofisica reale, sia “irragionevole” e “sproporzionato”, violando i principi costituzionali di ragionevolezza, proporzionalità e offensività (artt. 3, 25 co. 2 e 27 co. 3 Cost.). Secondo loro, il nuovo Codice della Strada punirebbe anche chi non rappresenta un pericolo effettivo, come se la presenza di oppiacei nelle urine non fosse già di per sé un campanello d’allarme. È un ragionamento assurdo: le analisi delle urine possono rilevare tracce di sostanze assunte fino a giorni o settimane prima, mentre il sangue evidenzia un’assunzione recente (24/72 ore). Nel caso della donna, l’assunzione di codeina potrebbe risalire a due o tre giorni prima dell’incidente, ma questo non la rende meno pericolosa. Chi assume oppiacei, anche per motivi terapeutici, dovrebbe essere consapevole del rischio che rappresenta al volante e astenersi dalla guida, non cercare scuse dopo aver causato un incidente.
Le toghe rosse, però, sembrano più interessate a tutelare i diritti dei drogati che quelli delle vittime della strada. La loro posizione riflette un’ideologia che mette in secondo piano la sicurezza collettiva, opponendosi a una norma che, invece, ha il chiaro obiettivo di proteggere i cittadini da chi si mette alla guida in condizioni non sicure. Non è un caso che la riforma del Codice della Strada sia stata criticata anche da associazioni come Meglio Legale, che difendono l’uso di cannabis terapeutica: ma qui non si parla solo di malati, si parla di chiunque assuma sostanze stupefacenti, terapeutiche o meno, e poi si metta al volante, mettendo a rischio la vita altrui.
Il vero scandalo è che, con questa mossa, il Tribunale di Pordenone rischia di vanificare anni di battaglie per una maggiore sicurezza stradale. La legge 177/2024, eliminando il requisito dell’alterazione psicofisica, voleva proprio colmare una lacuna: troppo spesso, i conducenti sotto effetto di droghe riuscivano a sfuggire alle sanzioni perché non si poteva dimostrare uno stato di alterazione immediata. Ora, le toghe rosse vogliono riportarci indietro, lasciando che i drogati continuino a guidare impuniti, con la scusa che “non erano alterati”. Ma la sicurezza stradale non può dipendere da cavilli legali: chi assume sostanze pericolose non dovrebbe guidare, punto. Se la Corte Costituzionale dovesse dar ragione al Tribunale di Pordenone, sarebbe un duro colpo per chi crede in un’Italia più sicura. Gli italiani meritano di meglio che essere lasciati in balia di chi si droga e di toghe che li difendono.
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