Sbarca come minore a Lampedusa e uccide uomo a Milano: era appena uscito da caserma dopo denuncia

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By V aprile 22, 2025 12:59

Sbarca come minore a Lampedusa e uccide uomo a Milano: era appena uscito da caserma dopo denuncia

Milano, la Giustizia Italiana alla Deriva: Clandestino Liberato Dopo un Tentativo di Furto, Ore Dopo Uccide un Domestico

La tragedia di via Randaccio, nel cuore chic dell’Arco della Pace, è l’ennesima prova di un sistema giudiziario italiano allo sbando, che sembra premiare i delinquenti e abbandonare i cittadini al loro destino. Angelito Acob Manansala, domestico filippino di 61 anni, è stato strangolato a morte nella villa dove lavorava, vittima di un brutale omicidio commesso da Dawda Bandeh, un 28enne gambiano con un passato da “minore migrante” e un presente da criminale recidivo. Ma ciò che rende questa vicenda ancora più scandalosa è la sequenza di eventi che l’ha preceduta: un fallimento totale della giustizia, che ha permesso a un soggetto pericoloso di tornare in libertà poche ore prima di trasformarsi in un assassino.

Alle 5:45 di domenica 20 aprile, giorno di Pasqua, Bandeh viene sorpreso mentre tenta di intrufolarsi in un’abitazione vicino alla Stazione Centrale. I proprietari, svegliati di soprassalto, chiamano i carabinieri, che lo fermano e lo portano in caserma. È già noto alle forze dell’ordine: arrivato in Italia nel 2011 come uno di quei “minori non accompagnati” tanto celebrati dalla sinistra radical chic, Bandeh ha un precedente per guida in stato di ebbrezza e vive come un fantasma, senza fissa dimora, nonostante un permesso di soggiorno ottenuto con un contratto da domestico che non svolge più. Ma cosa fa la giustizia italiana? Dopo appena due ore e un quarto, alle 8:08, il gambiano viene rilasciato con una semplice denuncia per violazione di domicilio. Nessun furto, nessuna flagranza, nessuna misura cautelare. Libero di tornare a colpire.

E infatti, neanche mezz’ora dopo, alle 8:38, Bandeh si introduce nella villa di via Randaccio, scavalcando il muretto di cinta. Qui trova Angelito Manansala, che probabilmente rientra dopo aver portato fuori i cani. Il domestico, un uomo onesto che lavorava per un noto esponente della comunità ebraica, non ha scampo: Bandeh lo aggredisce, lo strangola e, come se nulla fosse, resta nell’appartamento per dieci ore, rovistando tra cassetti e armadi, forse in cerca di cibo, mentre il corpo della vittima giace a terra. Solo il rientro del proprietario, alle 18:08, pone fine a questa follia: l’uomo chiude la porta, intrappolando il killer, e chiama il 112. La polizia, costretta a usare il taser per immobilizzare Bandeh, lo arresta finalmente, ma il danno è fatto. Angelito è morto, e la città è sotto shock.

Questa non è solo la cronaca di un omicidio: è l’atto d’accusa contro un sistema marcio, che protegge i criminali e lascia i cittadini indifesi. Come è possibile che un individuo sorpreso a tentare un furto venga rimesso in libertà in poco più di due ore? Come può un immigrato irregolare, arrivato come “scheletrino” e mai integrato, continuare a vagare indisturbato, accumulando reati senza conseguenze? La risposta sta in una magistratura lassista, ossessionata dal buonismo e incapace di applicare la legge con il rigore che serve. Le toghe rosse, con le loro denunce a piede libero e le porte girevoli delle caserme, sono complici morali di questa tragedia. Bandeh non è un caso isolato: è il prodotto di un’immigrazione incontrollata e di un sistema che rifiuta di punire, controllare, rimpatriare.

I milanesi sono stufi. Non si può vivere in una città dove un ladro fermato all’alba diventa un assassino a mezzogiorno. Non si può accettare che chi arriva illegalmente, invece di essere espulso, riceva permessi di soggiorno e libertà di delinquere. “Siamo ostaggi della paura”, ha dichiarato un residente della zona. “Non possiamo fidarci né delle istituzioni né di chi dovrebbe proteggerci”. E come dargli torto? La vicenda di via Randaccio è uno schiaffo in faccia a chi paga le tasse, rispetta le regole e chiede solo di vivere in sicurezza.

Servono risposte immediate: carcere duro per i colpevoli, rimpatri senza sconti per i clandestini che delinquono, e una riforma della giustizia che metta fine all’impunità. Basta con le narrazioni lacrimevoli sui “minori migranti” che si trasformano in criminali. Basta con i giudici che firmano rilasci come se fossero biglietti della lotteria. Angelito Manansala meritava di vivere, e i milanesi meritano una città dove non si debba temere per la propria incolumità. Se questo è il funzionamento della giustizia italiana, allora non funziona affatto. È ora di dire basta.

Fonte: Notizie tratte da www.ilgiorno.it, www.ilmessaggero.it, www.zazoom.it, 22 aprile 2025

Sbarca come minore a Lampedusa e uccide uomo a Milano: era appena uscito da caserma dopo denuncia ultima modifica: 2025-04-22T12:59:37+00:00 da V
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