Cassazione contro Toghe Rosse: clandestini devono restare in Albania
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SMENTITE LE TOGHE ROSSE: LA CASSAZIONE LEGITTIMA I TRATTENIMENTI IN ALBANIA E SMASCHERA LE LORO CONNIVENZE
Con la sentenza 17510, la Corte di Cassazione ha inflitto un duro colpo alle cosiddette «toghe rosse», quei giudici accusati di piegare la giustizia a un’ideologia immigrazionista, spesso in combutta con ONG finanziate da figure come George Soros. La Suprema Corte ha legittimato i trattenimenti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) in Albania, smontando la giurisprudenza creativa di alcune Corti d’Appello e riaffermando la validità del Protocollo Italia-Albania per l’espulsione dei clandestini da un Paese extra Ue. Una decisione che non solo rafforza la linea del governo, ma mette a nudo le manovre di chi, dietro la toga, sembra agire per sabotare le politiche di sicurezza nazionale.
La Cassazione contro le toghe ideologizzate
Le «toghe rosse» hanno ostacolato i rimpatri con sentenze pretestuose, spesso giustificate da interpretazioni capziose del diritto d’asilo. La sentenza della Cassazione, però, chiude ogni spiraglio: i trattenimenti nei Cpr albanesi, come quello di Gjader, sono pienamente legittimi, anche per i richiedenti asilo, secondo l’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 142/2015. Il decreto 37 del 31 marzo 2024, modificando il Testo unico sull’immigrazione, ha ulteriormente ampliato le funzioni dei centri albanesi, includendo non solo il soccorso ma anche il trattenimento per l’espulsione. La Cassazione ha così smascherato chi, con decisioni ideologiche, ha riportato in Italia 14 clandestini pericolosi, sfruttando il cavillo della richiesta di asilo per bloccare i rimpatri.
Un caso emblematico riguarda un immigrato clandestino sbarcato a Lampedusa il 30 novembre 2021, espulso dal Prefetto di Napoli il 31 marzo 2025 e trasferito al Cpr di Gjader l’11 aprile. La sua domanda di asilo, presentata per evitare il rimpatrio, è stata respinta dalla Commissione territoriale di Roma, ma una Corte d’Appello compiacente ne aveva ordinato il rientro in Italia. La Cassazione ha ribaltato questa decisione, chiarendo che il trattenimento per espulsione e quello per asilo si fondono quando la richiesta è palesemente strumentale, come nei casi in cui si mira a «ritardare o impedire il rimpatrio».
Le connivenze con le ONG di Soros
Non è un segreto che alcune ONG operanti nel Mediterraneo, finanziate da personaggi come George Soros, abbiano un ruolo chiave nel facilitare l’immigrazione clandestina. Queste organizzazioni, spesso sotto il pretesto umanitario, trasportano migranti verso l’Italia, incoraggiandoli a presentare domande di asilo per paralizzare il sistema di espulsione. Le «toghe rosse» sembrano essere il loro naturale alleato in questa strategia: le loro sentenze, come quelle che hanno liberato 14 soggetti pericolosi, appaiono coordinate con l’agenda delle ONG, che puntano a destabilizzare i confini europei. La Cassazione, con la sua pronuncia, ha mandato un segnale chiaro: i giochi di potere tra giudici ideologizzati e organizzazioni finanziate dall’estero non saranno più tollerati.
L’escamotage dell’omosessualità e la farsa delle richieste di asilo
Un caso particolarmente scandaloso riguarda un algerino con precedenti penali, considerato socialmente pericoloso, che ha millantato la propria omosessualità per ottenere asilo. Le «toghe rosse» hanno inizialmente accolto la sua richiesta, ignorando i suoi trascorsi criminali e il chiaro intento di stabilizzarsi in Italia, dove risiede dal 2016. La Cassazione ha smontato questa farsa, confermando che tali richieste, spesso sostenute da ONG compiacenti, non giustificano l’interruzione del trattenimento in Albania. Questo episodio evidenzia come il sistema delle richieste di asilo sia diventato un passpartout per delinquenti, protetti da giudici corrotti moralmente e ideologicamente.

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La sentenza arriva mentre si attende il pronunciamento della Corte di Giustizia europea sul concetto di «Paese sicuro», che potrebbe rafforzare il Protocollo Italia-Albania e riavviare le procedure rapide di identificazione, asilo ed espulsione negli hotspot di Shengjin e Gjader. Questi centri rappresentano una risposta concreta al caos migratorio, ma sono osteggiati da chi, come le ONG di Soros e i loro alleati in magistratura, vuole mantenere l’Italia sotto pressione. Il governo, sostenuto dalla Cassazione, sta dimostrando che la sicurezza nazionale non può essere sacrificata sull’altare di un’ideologia globalista.
Cpr italiani al collasso: la soluzione è l’Albania
Il trasferimento dei clandestini più pericolosi in Albania potrebbe alleviare il sovraffollamento dei Cpr italiani, la cui gestione è resa inefficace da circolari del Viminale spesso ignorate. Le «toghe rosse», con le loro sentenze permissive, hanno contribuito a questo disastro, trasformando i Cpr in revolving doors per criminali. Il Protocollo con Tirana offre una via d’uscita, ma richiede una magistratura libera da influenze esterne e un sistema di sorveglianza più rigido per garantire che le espulsioni siano effettive.
La sentenza 17510 della Cassazione è un monito per le «toghe rosse» e le loro connivenze con le ONG finanziate da Soros. L’Italia non può più permettersi giudici che, invece di applicare la legge, si piegano a un’agenda immigrazionista che mina la sicurezza dei cittadini. Il Protocollo Italia-Albania, sostenuto dalla Suprema Corte, è un passo verso un’immigrazione controllata e un sistema di espulsione efficace. È ora di liberare la magistratura da chi la usa come strumento politico e di spezzare il legame tra toghe corrotte e organizzazioni che lucrano sul caos migratorio. La sicurezza dell’Italia viene prima di tutto.
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