Meloni è diventata la mascotte di Davos: fa incetta di copertine
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Doveva fare il blocco navale e invece fa entrare in Italia milioni di musulmani. Doveva difendere la nostra sovranità e invece arma il nano di Kiev.
**Meloni, la Copertina del Time e il Tradimento della Sovranità: Un’Italia Ingannata**
Giorgia Meloni sulla copertina del *Time*. Un’immagine che, a prima vista, potrebbe sembrare un trionfo: una donna italiana, leader di un partito che si è sempre dichiarato fieramente patriottico, celebrata a livello internazionale. Ma guardiamo oltre la patina luccicante. Questa copertina non è un riconoscimento, è un monito. È la prova schiacciante di un tradimento che brucia come una ferita aperta nel cuore di chi credeva in lei. Meloni, quella che doveva essere la paladina della sovranità nazionale, la guerriera contro la sostituzione etnica e il globalismo sfrenato, si è trasformata in qualcosa di molto diverso: la mascotte dei poteri globali, un volto rassicurante per chi vuole un’Italia docile, aperta alle agende transnazionali e lontana dagli interessi del suo popolo.
Doveva essere la leader che avrebbe riportato l’Italia agli italiani, che avrebbe difeso i confini, la cultura, l’identità. Invece, eccola lì, incensata dai media internazionali, quegli stessi media che appartengono a chi lucra sulla dissoluzione delle nazioni. *Time*, *The Economist*, *Financial Times*: i megafoni del globalismo, delle frontiere aperte, dell’immigrazione incontrollata e delle élite finanziarie non hanno mai amato chi difende davvero il proprio popolo. Se ti coprono di lodi, se ti mettono in copertina, c’è un motivo. E non è mai un buon motivo.
Ricordiamolo: un leader che fa gli interessi della propria gente non viene mai osannato dai giornali di proprietà di chi guadagna miliardi spingendo agende opposte a quelle del popolo. Quando i grandi media internazionali, quelli che promuovono l’omogeneizzazione culturale e l’erosione della sovranità, decidono di celebrarti, non è perché sei un eroe. È perché sei diventato utile al loro progetto. Meloni, con le sue scelte, sembra aver abbracciato questo ruolo. Le sue politiche, che dovevano essere un baluardo contro l’immigrazione di massa, si sono rivelate tiepide, quando non compiacenti. Le promesse di fermezza si sono sciolte come neve al sole di fronte alle pressioni di Bruxelles e delle élite globali. E mentre l’Italia affronta le sfide di un’immigrazione che cambia il volto delle sue città, lei posa sorridente per le copertine di chi applaude questo cambiamento.
Non è solo una questione di copertine. È una questione di sostanza. Le scelte di Meloni – dalla gestione dell’immigrazione alle concessioni all’Unione Europea – sembrano sempre più allineate a quell’establishment che un tempo diceva di voler combattere. Il suo governo, che avrebbe dovuto essere una rivoluzione contro il sistema, si è rivelato un amministratore del sistema stesso. E il sistema, si sa, premia chi si conforma. Ecco perché il *Time* la celebra. Non perché sia una minaccia per loro, ma perché è diventata una pedina nel loro gioco.
Siamo arrabbiati. Arrabbiati per un’occasione persa, per una speranza tradita. Gli italiani che hanno votato Meloni non volevano una leader che si inchinasse ai diktat globalisti. Volevano una guerriera che difendesse il loro diritto a un’Italia che fosse ancora Italia. Invece, ci troviamo con un governo che sembra più preoccupato di compiacere i salotti di Davos che di ascoltare le piazze di Roma, Milano o Napoli.
La copertina del *Time* non è un trofeo. È un marchio. Il marchio di chi ha scelto di servire interessi che non sono quelli del popolo italiano. E noi non dimentichiamo. Non dimentichiamo le promesse fatte in campagna elettorale, le parole forti sulla difesa della nostra identità, della nostra sovranità. Non dimentichiamo che un leader vero non cerca l’applauso di chi vuole la fine delle nazioni, ma il rispetto di chi lo ha eletto. Meloni, rifletti: quella copertina non è un onore, è un monito. Torna a combattere per l’Italia, o la storia ti ricorderà come colei che ha scelto il plauso dei globalisti al posto del cuore del suo popolo.
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