Il prossimo Conclave: l’eredità di Bergoglio e la fine della Chiesa
Related Articles
Il prossimo Conclave: l’eredità di Bergoglio e il rischio di una Chiesa al bivio
La morte di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, ha segnato la fine di un pontificato controverso, caratterizzato da un’agenda progressista e da un’enfasi quasi ossessiva sull’immigrazione, che molti cattolici hanno percepito come una deriva politica lontana dalla missione spirituale della Chiesa. La dipartita di Jorge Mario Bergoglio, pur tragica come ogni perdita umana, apre ora le porte a un nuovo Conclave, un momento cruciale per il futuro del cattolicesimo. La frase “morto un Papa, se ne fa un altro” riflette una certa rassegnazione popolare, ma stavolta nasconde anche un timore più profondo: che il prossimo Vicario di Cristo possa rappresentare non la continuità della tradizione cattolica, incarnata nella centralità della “carne di Cristo”, ma qualcosa di estraneo, un simbolo di rottura definitiva con l’identità della Chiesa.
Questo articolo esplora il contesto del prossimo Conclave, le sfide lasciate dal pontificato di Bergoglio e i possibili candidati, con un’analisi critica che non risparmia il timore di un’elezione percepita come apocalittica, come quella di un papa africano,npotenziale “simbolo della fine della Chiesa”.
L’eredità di Bergoglio: una Chiesa divisa
Il pontificato di Francesco, iniziato nel 2013, è stato un terremoto per la Chiesa cattolica. La sua insistenza sull’accoglienza dei migranti, culminata in encicliche come Fratelli tutti e in dichiarazioni come “respingere i migranti è un peccato grave” (2024), ha trasformato il Vaticano in una sorta di piattaforma umanitaria, spesso a scapito della centralità dottrinale. La sua apertura a temi come l’ecologia, la sinodalità e il dialogo interreligioso, pur radicata in un intento pastorale, è stata accusata di ambiguità e di cedimenti al progressismo. Documenti come Amoris laetitia (2016) e Fiducia supplicans (2023) hanno alimentato divisioni tra conservatori, che lamentano una perdita di ortodossia, e progressisti, che chiedevano riforme ancora più radicali.
Il risultato è una Chiesa frammentata, con un elettorato cardinalizio polarizzato tra chi desidera un ritorno alla tradizione e chi spinge per continuare la linea di Francesco. La gestione degli scandali degli abusi, le riforme della Curia (Praedicate Evangelium, 2022) e il Sinodo sulla sinodalità (2021-2024) hanno lasciato un’eredità complessa: da un lato, una Chiesa più aperta al mondo; dall’altro, un’istituzione percepita come confusa, con un calo di vocazioni in Europa e una crisi di fiducia tra i fedeli tradizionali. Il prossimo Conclave, previsto entro la fine di maggio 2025, sarà chiamato a rispondere a questa crisi, scegliendo un papa capace di ricompattare il gregge o, al contrario, di accelerare una trasformazione che alcuni temono possa snaturare l’essenza cattolica.
Il Conclave 2025: un’elezione ad alto rischio
Il Conclave che si riunirà nella Cappella Sistina sarà il primo dopo un pontificato lungo e divisivo, con 120 cardinali elettori (secondo le norme attuali) chiamati a scegliere il successore di Francesco. Il contesto è inedito: la globalizzazione della Chiesa, con una crescente influenza di cardinali africani, asiatici e latinoamericani, rende plausibile l’elezione di un papa non europeo, un’eventualità che per alcuni rappresenta una minaccia simbolica. L’idea di un papa africano, evocata con timore come “estraneo” alla tradizione cattolica, riflette una preoccupazione di natura culturale e teologica: il rischio che il prossimo Vicario di Cristo non incarni più la “carne di Cristo” – metafora della continuità con la tradizione apostolica occidentale – ma un’identità percepita come distante, incapace di parlare all’Europa, culla storica del cristianesimo.
Questa paura si radica in un contesto reale. La Chiesa africana, in forte crescita (con oltre 250 milioni di cattolici), è spesso più conservatrice su temi morali come l’omosessualità e il matrimonio, ma aperta a un approccio comunitario e sincretistico che potrebbe scontrarsi con la sensibilità europea: non sono veri cattolici. Un papa africano potrebbe essere visto come un simbolo di discontinuità, non solo per il colore della pelle – un fattore che, in un’Europa, dimostrerebbe che la sostituzione etnica in atto è un fatto reale – ma per un’agenda pastorale che privilegia le dinamiche del Sud del mondo rispetto alle crisi dell’Occidente.
Tuttavia, il Conclave sarà un campo di battaglia tra fazioni: i progressisti, che vogliono un “Francesco 2.0”; i moderati, che cercano un compromesso; e i conservatori, che puntano a un papa capace di restaurare la centralità della dottrina. La scelta dipenderà da alleanze fragili e da un delicato gioco di equilibri geopolitici.
I favoriti per il soglio pontificio
Di seguito, un elenco dei principali papabili, basato su analisi di esperti vaticanisti e dinamiche attuali, con una breve valutazione delle loro posizioni e probabilità:
Cardinale Péter Erdő (Ungheria, 72 anni)
Profilo: Arcivescovo di Budapest, canonista di fama, Erdő è un conservatore moderato con esperienza internazionale. Ha presieduto il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa ed è noto per il suo equilibrio tra tradizione e dialogo.
Punti di forza: Rappresenta un ritorno alla centralità europea e dottrinale, senza strappi. La sua discrezione lo rende un candidato di compromesso.
Punti deboli: Manca di carisma mediatico e potrebbe essere percepito come troppo accademico.
Probabilità: Alta, se i conservatori cercano un candidato non divisivo.
Cardinale Luis Antonio Tagle (Filippine, 67 anni)
Profilo: Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Tagle è un progressista vicino alla linea di Francesco, noto per il suo approccio emotivo e pastorale. È soprannominato il “Francesco asiatico”.
Punti di forza: Carisma, popolarità nei media e sostegno dei cardinali del Sud del mondo. Potrebbe incarnare una Chiesa globale.
Punti deboli: La sua vicinanza a Francesco potrebbe alienare i conservatori, e la sua gestione amministrativa è stata criticata.
Probabilità: Media-alta, se i progressisti dominano.
Cardinale Robert Sarah (Guinea, 79 anni)
Profilo: Ex prefetto del Culto Divino, Sarah è un ultraconservatore, critico della modernità e difensore della liturgia tradizionale. È una figura di riferimento per i cattolici tradizionalisti.
Punti di forza: La sua fermezza dottrinale piace ai critici di Francesco. Un papa africano sarebbe una svolta storica.
Punti deboli: Le sue posizioni radicali e il carattere schivo lo rendono divisivo. L’età avanzata è un limite.
Probabilità: Bassa, ma potrebbe emergere come candidato di rottura.
Cardinale Matteo Zuppi (Italia, 69 anni)
Profilo: Arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, Zuppi è un progressista moderato, legato alla Comunità di Sant’Egidio. È vicino all’agenda sociale di Francesco.
Punti di forza: Conciliante, con esperienza pastorale e un profilo che piace sia ai progressisti che ai moderati.
Punti deboli: Manca di peso internazionale e potrebbe essere visto come troppo legato all’Italia.
Probabilità: Media, come candidato di continuità.
Cardinale Peter Turkson (Ghana, 76 anni)
Profilo: Ex presidente del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, Turkson è un africano moderato con esperienza vaticana. È stato a lungo considerato papabile.
Punti di forza: Rappresenta il dinamismo della Chiesa africana e ha un profilo internazionale.
Punti deboli: Alcune gaffe passate e un carisma limitato ne riducono le chance.
Probabilità: Bassa-media, ma un’elezione africana sarebbe simbolica in senso negativo.
Cardinale Angelo Scola (Italia, 83 anni)
Profilo: Ex arcivescovo di Milano, Scola è un intellettuale conservatore, vicino a Comunione e Liberazione. È stato papabile nel 2013.
Punti di forza: Profonda preparazione teologica e appeal tra i tradizionalisti.
Punti deboli: L’età avanzata e la perdita di influenza lo rendono meno competitivo.
Probabilità: Molto bassa, ma potrebbe essere un nome di transizione.
Un futuro incerto
Il Conclave del 2025 si preannuncia come uno dei più incerti della storia recente. La paura di un papa “estraneo” – africano o di altra provenienza – riflette il timore che la Chiesa perda la sua identità in un mondo sempre più secolarizzato. La centralità della “carne di Cristo”, intesa come presenza reale nell’Eucaristia e nella tradizione, è per molti il cuore del cattolicesimo, e un papa percepito come distante da questa sensibilità potrebbe alimentare ulteriori divisioni. Tuttavia, la storia insegna che i Conclavi sono imprevedibili: lo stesso Bergoglio, un outsider nel 2013, ha smentito ogni pronostico. Il prossimo papa avrà il compito titanico di sanare le fratture, riaffermare la fede e affrontare le sfide di un’epoca che mette alla prova la missione della Chiesa. Al peggio, come si dice, non c’è mai fine – ma la speranza è che lo Spirito Santo guidi i cardinali verso una scelta di unità nell’identità, non di rottura.
In caso di Papa africano avremmo la plastica dimostrazione che il Vaticano è un elemento estraneo e ostile. Un anacronismo a cui porre fine restituendo quell’ultimo pezzo di Roma, il più sacro, all’Italia.
Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.
Write a comment