Arcivescovo Viganò: “Bergoglio dovrà rendere conto dei suoi crimini”

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By V aprile 21, 2025 15:05

Arcivescovo Viganò: “Bergoglio dovrà rendere conto dei suoi crimini”

Le dure accuse di Viganò: un grido contro Bergoglio e il futuro della Chiesa

Le dichiarazioni dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, pubblicate in risposta alla morte di Papa Francesco il 21 aprile 2025, hanno riacceso un dibattito feroce all’interno della Chiesa cattolica. Viganò, figura di spicco tra i critici più radicali di Francesco, ha commentato con toni durissimi le presunte parole di Bergoglio riportate nel 2018 dal giornalista Eugenio Scalfari, secondo cui non esisterebbe l’inferno e le anime peccatrici impenitenti semplicemente “scomparirebbero”. Per Viganò, tali affermazioni sono “farneticamenti ereticali” che contraddicono la dottrina cattolica sul Giudizio particolare e sulla realtà dell’inferno, e rappresentano l’ennesima prova di un pontificato che, a suo dire, ha cercato di “distruggere la Chiesa” e “perdere tante anime”. Questo articolo analizza le accuse di Viganò, offre un breve excursus sulla sua figura e riflette sulle implicazioni per il prossimo Conclave.

Le accuse di Viganò: un attacco frontale a Bergoglio

Le parole attribuite a Papa Francesco da Scalfari nel 2018 – “Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici” – avevano già suscitato scalpore all’epoca, sebbene il Vaticano avesse smentito che riflettessero il pensiero ufficiale del papa. Per Viganò, tuttavia, queste affermazioni non sono un episodio isolato, ma la conferma di un progetto eretico e distruttivo portato avanti da Bergoglio. L’arcivescovo sostiene che Francesco, definito un “non-papa” e “anti-papa”, abbia usurpato il soglio di Pietro con l’intento di minare le fondamenta della Chiesa cattolica, promuovendo un’agenda progressista che ha confuso i fedeli e indebolito la fede.

Viganò non si limita a criticare Bergoglio: punta il dito anche contro i suoi “eredi”, i cardinali da lui nominati, che accusa di essere “invalidamente creati” e di lavorare per proseguire la “rivoluzione sinodale” e la “destrutturazione del Papato”. Ancora più dure sono le parole riservate ai cardinali e vescovi conservatori, colpevoli, secondo Viganò, di non aver mai messo in discussione la legittimità di Francesco, nonostante le sue presunte deviazioni dottrinali. Su di loro, afferma, grava la responsabilità per gli esiti del prossimo Conclave, che potrebbe eleggere un continuatore della linea di Bergoglio, perpetuando una crisi che Viganò considera esistenziale per la Chiesa.

Excursus su Carlo Maria Viganò: un prelato controcorrente

Carlo Maria Viganò, nato a Varese nel 1941, è una figura di spicco nel panorama cattolico tradizionalista. Ordinato sacerdote nel 1968, ha avuto una lunga carriera nella diplomazia vaticana, servendo in diverse nunziature apostoliche prima di essere nominato segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano (2009-2011) e nunzio apostolico negli Stati Uniti (2011-2016). Durante il suo mandato negli USA, Viganò si è guadagnato la fama di uomo rigoroso e conservatore, spesso in contrasto con le correnti più progressiste della Chiesa.

La svolta arriva nel 2018, quando pubblica una lettera-bomba di 11 pagine in cui accusa Papa Francesco di aver coperto gli abusi sessuali del cardinale Theodore McCarrick e chiede le sue dimissioni. Questo atto segna la rottura definitiva con il pontificato di Francesco e l’inizio di una crociata personale di Viganò contro quello che considera un “deep state” ecclesiastico, un sistema di potere interno alla Chiesa che promuove corruzione morale e dottrinale. Negli anni successivi, Viganò si radicalizza ulteriormente, arrivando a definire Francesco un “falso profeta” e a mettere in dubbio la validità della sua elezione, spesso affiancandosi a gruppi cattolici tradizionalisti e a movimenti politici di destra, specialmente negli Stati Uniti. Le sue posizioni, che includono critiche alla gestione della pandemia, al Concilio Vaticano II e al dialogo interreligioso, lo hanno reso una figura polarizzante: per alcuni un profeta della verità, per altri un ribelle pericoloso che mina l’unità della Chiesa.

Le dichiarazioni di Viganò riflettono un malessere profondo che attraversa una parte del mondo cattolico, specialmente tra i fedeli e i prelati più tradizionalisti. La sua critica alla presunta negazione dell’inferno da parte di Bergoglio tocca un punto nevralgico: la dottrina cattolica, fondata sulla Scrittura e sul Catechismo, afferma chiaramente l’esistenza dell’inferno come stato di “autoeclusione definitiva dalla comunione con Dio” (Catechismo, 1033) per chi muore in peccato mortale senza pentimento. Se le parole riportate da Scalfari fossero autentiche, rappresenterebbero effettivamente una deviazione grave, che metterebbe in discussione non solo il magistero di Francesco, ma anche la sua legittimità come guida spirituale.

La tesi di un complotto per “destrutturare il Papato” attraverso la “rivoluzione sinodale” – un riferimento al Sinodo sulla sinodalità (2021-2024) – è il centro della critica di Viganò.

E fondata appare la critica ai vescovi conservatori, che in molti casi hanno scelto il silenzio di fronte alle ambiguità dottrinali di Francesco, come quelle emerse in Amoris laetitia o Fiducia supplicans. La loro reticenza potrebbe aver contribuito a una polarizzazione che ora rende il Conclave del 2025 un evento ad alto rischio, con il pericolo di un’elezione che approfondisca le fratture anziché sanarle.

Il futuro della Chiesa in bilico

Le parole di Viganò, pur dure, sono un monito per la Chiesa: il prossimo Conclave non potrà ignorare le divisioni che il pontificato di Francesco ha lasciato in eredità. La scelta del successore sarà cruciale per determinare se la Chiesa proseguirà su una linea progressista o tornerà a un’ortodossia più tradizionale. Tuttavia, il tono settario di Viganò, che arriva a negare la legittimità di un papa e dei suoi cardinali, rischia di allontanare più che unire, alimentando un clima di sospetto che potrebbe compromettere l’unità del Corpo Mistico. La sfida per i cardinali elettori sarà trovare un leader capace di riconciliare le anime, senza cedere né alla deriva modernista né al rifiuto della tradizione conciliare. Solo così la Chiesa potrà affrontare le tempeste del presente senza perdere la sua identità.

Arcivescovo Viganò: “Bergoglio dovrà rendere conto dei suoi crimini” ultima modifica: 2025-04-21T15:05:40+00:00 da V
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