25 Aprile, oggi celebrano 80 anni di Marocchinate contro gli italiani
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25 Aprile, Vergogna Nazionale: Una Farsa di Liberazione che Nasconde un’Occupazione Senza Fine
Italia, 25 aprile 2025 – Oggi non è un giorno di festa, ma un giorno di lutto. E non solo per la morte di un Papa. E’ un giorno di vergogna che lacera l’anima di chi ama davvero questa terra. Il 25 aprile non è una celebrazione: è una menzogna, un inganno che la sinistra ci propina da decenni, mentre l’Italia giace in catene, più schiava che mai. Non serve essere fascisti per capirlo, basta essere italiani, con un briciolo di dignità e memoria storica.
Siamo l’unico Paese al mondo che ha l’ardire di festeggiare una guerra persa, un’occupazione che non è mai finita, un’umiliazione che ci soffoca da oltre ottant’anni. Ci raccontano che dal 1943 siamo “liberi”, ma allora perché le basi americane sono ancora qui, a ricordarci che siamo una colonia? Perché i nostri governi, burattini nelle mani di élites globaliste, continuano a svendere la nostra sovranità? Il 25 aprile non è liberazione: è il giorno in cui siamo stati incatenati per sempre, e i fantocci come Mattarella osano chiamarlo “festa”, mentre l’Italia affoga sotto il peso di un’occupazione mascherata.
Viviamo in un Paese governato da non-eletti, imposti da oscure forze finanziarie che ci strangolano. E ci illudiamo di celebrare la “democrazia”? Quale democrazia? È “dittatura” solo quando un leader parla da un balcone in divisa, ma non quando un politicante da strapazzo ci spoglia della nostra identità, spalanca le porte a orde di clandestini che invadono le nostre strade, le nostre case, e ci rinchiude per decreto, trasformandoci in prigionieri nella nostra stessa terra? Questo non è un Paese libero: è una prigione a cielo aperto, e il 25 aprile è la beffa più atroce.
Oggi, come ogni anno, assistiamo alla solita, squallida pantomima: i falsi “partigiani”, che partigiani non sono mai stati, canteranno “Bella Ciao” dai balconi, celebrando una liberazione che non è mai esistita. I privilegiati, quelli che si riuniscono nelle piazze mentre il resto degli italiani è costretto a chinare il capo, si riempiranno la bocca di parole vuote, inutili, che svaniscono nell’etere. E dal colle più alto di Roma, l’ennesimo discorso di un uomo che rappresenta il nulla, parole che nessuno ricorderà, perché nessuno le ascolta più.
Siamo schiavi, e non abbiamo neanche il coraggio di ammetterlo. Schiavi delle banche, dell’euro, di poteri occulti che ci governano dall’ombra. Eppure, i nuovi servi festeggiano, ignari del ridicolo, la loro “liberazione”, mentre sono in catene, felici di essere al guinzaglio. Dovremmo combattere, non celebrare! Combattere come avrebbero fatto i veri partigiani e i fascisti di un tempo, che, pur da fronti opposti, credevano di lottare per l’Italia. Il 25 aprile non è mai stato una festa: è il giorno in cui fratelli hanno ucciso fratelli, in cui siamo usciti da una gabbia per entrare in una prigione più grande, illuminata da luci false ma pur sempre una prigione: quella americana. E dopo quasi un secolo, le basi dei “liberatori” sono ancora qui, mentre i mafiosi che li hanno aiutati a sbarcare in Sicilia escono dalle prigioni.
Non c’è nulla da festeggiare, solo da piangere. Piangere per una liberazione mai avvenuta, per le menzogne che ci hanno raccontato per decenni, per i lutti che i veri occupanti – gli alleati “liberatori” – hanno portato. Le marocchinate gridano ancora vendetta: migliaia di vittime, donne, bambine, anziani, violentati senza pietà dalle truppe coloniali francesi, i goumiers, sotto gli occhi compiaciuti dei “liberatori”.
Frédéric Jacques Temple, soldato francese, lo descrive con parole che fanno gelare il sangue:
“Stesa sui cuscini sventrati, con la gonna alzata fino al viso, un viso di cenere. I neri, grandi e grossi, si lavoravano metodicamente quella donna aperta a forza, ora silenziosa e inerte. Nessuna tregua tra un uomo e l’altro. Erano più di cento, in attesa del loro turno”.
E noi dovremmo ringraziare questi mostri? Dovremmo erigere monumenti a chi ha stuprato la nostra terra e la nostra gente?
Oggi non è cambiato nulla. I “liberatori” di allora sono i “profughi” di oggi, e i complici sono i nostri politici, pronti a svendere l’Italia per un pugno di voti. Il 25 aprile non è una festa: è un giorno di lutto, un giorno per ricordare e combattere, non per cantare. Combattere per riprenderci la nostra sovranità, la nostra identità, la nostra libertà. Basta con le menzogne: l’Italia non è libera, e non lo sarà finché non ci alzeremo, uniti, contro chi ci tiene in catene.
Se è così è uno schifo…