Immigrati riscuotono assegni sociali e li mandano in Bangladesh
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Immigrati riscuotono assegni sociali e li mandano in Bangladesh: un’emorragia economica che impoverisce l’Italia
È un grido d’allarme che non può più essere ignorato: l’Italia sta diventando una cassa automatica per gli immigrati, che incassano sussidi e servizi pubblici per poi spedire miliardi di euro nei loro Paesi d’origine, impoverendo il nostro territorio. I dati elaborati dalla Fondazione Leone Moressa e pubblicati dalla Banca d’Italia per il 2024 parlano chiaro: le rimesse degli stranieri residenti in Italia ammontano a una cifra spaventosa, tra i 9,5 e i 12 miliardi di euro. Di questi, ben 174 milioni partono dal Friuli Venezia Giulia, con 44 milioni dalla sola provincia di Gorizia. Una vera e propria voragine economica, che drena risorse vitali dalle nostre comunità locali per riversarle all’estero, senza alcun ritorno per chi le ha generate.
A denunciare con forza questo scandalo è Anna Maria Cisint, ex sindaca di Monfalcone e oggi consigliera comunale, che non usa mezzi termini: «Siamo di fronte a un’emorragia economica che impoverisce il nostro sistema». E il caso di Monfalcone, città con una forte presenza di immigrati bengalesi, è emblematico. Qui, i numeri sono sconcertanti: il 64% dei beneficiari dei contributi per lo scuolabus e il 66% di chi utilizza la mensa scolastica sono stranieri, in gran parte bengalesi. Addirittura, il 95% del bilancio comunale destinato a welfare e bonus finisce nelle tasche di nuclei familiari stranieri. Ma mentre i Comuni si svenano per garantire servizi, questi stessi nuclei inviano sistematicamente denaro all’estero, privando il territorio di risorse essenziali.
Il Bangladesh svetta in questa classifica della “fuga di capitali”. Nel 2024, i cittadini bengalesi residenti in Italia hanno rimesso a casa la cifra monstre di 1,397 miliardi di euro, rappresentando la fetta più consistente delle rimesse totali. Ogni mese, ogni famiglia bengalese invia in media 604 euro, una somma che surclassa di gran lunga i 131 euro medi delle famiglie straniere provenienti dai primi venti Paesi per numero di residenti. Questi numeri, come sottolinea Cisint, sono «sconcertanti», soprattutto se confrontati con i bilanci sempre più fragili dei nostri enti locali, costretti a tagliare servizi essenziali per i cittadini italiani pur di sostenere una macchina assistenzialistica che sembra non avere fine.

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Ma c’è di più. Negli ultimi dieci anni, le rimesse dalla provincia di Gorizia sono cresciute del 168,2%, il dato più alto in tutta Italia. Questo significa che il fenomeno non solo è fuori controllo, ma sta assumendo proporzioni sempre più insostenibili. E il Friuli Venezia Giulia, con il suo 12,5% di contributo alle rimesse totali verso il Bangladesh, è in prima linea in questa perdita di ricchezza. Anche correggendo i dati per una stima più precisa, come suggerisce il rapporto Moressa, il peso delle rimesse bengalesi dal Friuli rimane significativo, oscillando tra l’1,2% e il 4% del totale nazionale. Percentuali che, in ogni caso, rappresentano un salasso per una regione che già fatica a far quadrare i conti.
La verità è che ci troviamo di fronte a un sistema profondamente squilibrato. Da un lato, i Comuni italiani, già in difficoltà, si fanno carico di spese enormi per garantire servizi e sussidi a famiglie straniere; dall’altro, queste stesse famiglie esportano ricchezza senza lasciare nulla in cambio alla comunità che le ospita. È un circolo vizioso che erode le finanze pubbliche e penalizza i cittadini italiani, costretti a vedere le loro tasse volatilizzarsi oltre confine.
Cisint non si limita a denunciare, ma lancia proposte concrete: serve un piano nazionale per controllare i flussi di denaro verso l’estero e regole più stringenti per limitare l’accesso al welfare a chi non contribuisce al bene comune. Non si tratta di discriminazione, ma di giustizia: non è accettabile che l’Italia continui a essere un bancomat per chi non ha alcun interesse a integrarsi o a restituire qualcosa al Paese che li accoglie.
È ora di dire basta. L’Italia non può più permettersi di essere saccheggiata in questo modo. Serve coraggio per affrontare il problema alla radice, con politiche che tutelino i nostri cittadini e le nostre risorse. Perché la ricchezza dell’Italia deve restare in Italia, non finire in Bangladesh o altrove.
Unico modo perché accada è assumere italiani creando lavori di qualità. Imprese come Fincantieri sono una vergogna nazionale. Eppure è una società pubblica: togliere a Fincantieri la manodopera a basso costo dei bengalesi. Azzerare l’immigrazione regolare islamica.
Questi sono gli amici dell intelligentone di piantedosi,con tutti i debiti che tutti i politici di merda hanno creato nel tempo, per lui ,gli italiani hanno bisogno di negri e bengalesi cui pagare le pensioni, coglione, ma non doveva essere il contrario?