Mps-Mediobanca, governo sventa il golpe francese su Generali?
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Il Monte dei Paschi esce allo scoperto
Da potenziale preda nel risiko bancario tricolore, il Monte dei Paschi di Siena (Mps) si trasforma in un ambizioso aggregatore con un’operazione in grado di ridisegnare profondamente gli equilibri della finanza italiana. Unendo le forze con Mediobanca, sulla quale ha lanciato un’Ops totalitaria, il Nuovo Monte andrebbe a formare il terzo maggiore gruppo bancario italiano dietro Intesa Sanpaolo e Unicredit. Dalla fusione nascerebbe un campione nazionale con oltre 6 milioni di clienti tra famiglie e pmi, 130 miliardi di impieghi e circa 300 miliardi di risparmi da gestire, inclusi i ricchi flussi di cassa in arrivo da Generali, il maggiore assicuratore del paese, di cui Mediobanca è il primo socio con oltre il 13% del capitale.
L’offerta pubblica di scambio predisposta da Mps mette sul piatto 13,3 miliardi, con un’operazione carta contro carta che risulta a premio del 5% rispetto alla chiusura di mercoledì scorso di Piazzetta Cuccia. La prima reazione del mercato è stata un balzo delle azioni di Mediobanca (+7,7%) mentre Mps ha subito forti vendite (-6,9%). Nonostante la reazione immediata, l’operazione “Stradebianche” (il nome in codice mutuato da una gara di ciclismo di Siena) è vista come un modo per consolidare la posizione strategica di Mps nel panorama bancario italiano.
L’ambizione di Mps è quella di prendersi una preda più grande di lei, puntando a una scalata che il CEO Luigi Lovaglio ha definito “coraggiosa”. Mps, con una capitalizzazione di 8,8 miliardi rispetto ai 12,7 miliardi di Mediobanca, mira a combinare le competenze di una banca commerciale tradizionale con quelle di una banca d’investimento, creando sinergie significative. Lovaglio ha sottolineato che la decisione di procedere con l’operazione è maturata da oltre due anni, discussa con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, evidenziando la lungimiranza di un progetto che mira a sfruttare il momento opportuno per un cambiamento strutturale nel settore.
Il coordinamento del governo in questa operazione è essenziale, particolarmente nella salvaguardia di Generali dalle mire francesi. L’operazione non solo mira a creare un terzo polo bancario italiano ma anche a proteggere il risparmio nazionale da eventuali acquisizioni estere, come quella proposta da Generali con Natixis. Il governo ha visto in Mps-Mediobanca un’opportunità per stabilizzare e mantenere il controllo nazionale su un asset strategico come Generali, che è centrale nella gestione del risparmio italiano.
In termini di governance, il nuovo assetto vedrebbe al vertice i gruppi privati di Caltagirone e Del Vecchio, con una partecipazione minore del governo attraverso il Mef. Questo riequilibrio riscriverebbe la geografia della finanza italiana, ponendo Mps al centro di un nuovo sistema di controllo che garantisce la sovranità nazionale su Generali e, di conseguenza, sul risparmio gestito.
Le sinergie previste dall’aggregazione sono stimate in 700 milioni annui, con costi una tantum di 600 milioni, promettendo un incremento significativo dei profitti e una generazione organica di capitale che potrà supportare dividendi crescenti. L’operazione consente anche di accelerare l’utilizzo delle Dta, con un beneficio quantificato in 1,2 miliardi per gli azionisti di Mediobanca.
In conclusione, l’operazione Mps-Mediobanca rappresenta non solo un’opportunità industriale ma anche un atto di politica economica che mira a rafforzare la presenza italiana nel settore finanziario, proteggendo asset chiave come Generali dalle influenze straniere. Questo progetto, con l’appoggio del governo, potrebbe segnare una svolta storica per la finanza italiana, ridisegnando i suoi equilibri in un contesto di mercato globale sempre più competitivo.
Il Monte dei Paschi e la Nuova Galassia Finanziaria Italiana: Un Intreccio di Controllo e Incroci Azionari
Uno degli obiettivi principali di questa fusione è il controllo su Generali, il maggiore assicuratore italiano, di cui Mediobanca detiene il 13,1% del capitale. Attraverso questo incrocio azionario, Mps mira a stabilire un controllo più solido e indipendente sugli asset strategici italiani, proteggendoli da possibili acquisizioni estere, come quelle paventate da Generali in collaborazione con il gruppo francese Natixis.
Il nuovo scenario azionario vedrebbe al vertice i gruppi privati di Caltagirone e Del Vecchio (Delfin), con il governo italiano, attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), che mantiene una partecipazione significativa ma ridotta. Dopo l’operazione, Mps controllerebbe il 13,1% di Generali, che, sommato alle quote già detenute dai grandi azionisti, porterebbe il controllo complessivo vicino al 30%. Questo livello di ownership è cruciale per garantire una minoranza di blocco nelle assemblee straordinarie, proteggendo l’azienda da scalate ostili.
Il piano di Mps include un aumento di capitale diluitivo senza diritto d’opzione, che emetterebbe oltre 1,9 miliardi di nuove azioni Mps per finanziare l’Ops. Questa diluizione vedrebbe le quote dei principali azionisti di Mediobanca ridursi, ma con un nuovo equilibrio che favorisce un controllo più centralizzato e italiano su entrambi gli istituti.
Caltagirone e Delfin, attualmente soci significativi sia in Mps che in Mediobanca, vedrebbero le loro partecipazioni rispettivamente diluite a 6,68% e 16,35% in Mps post-fusione, ma il loro potere d’influenza sul nuovo gruppo sarebbe ancora notevole. Il Mef, con una quota iniziale dell’11,73% in Mps, si troverebbe con circa il 4,65% dopo l’aumento di capitale, mantenendo comunque un ruolo di vigilanza strategica.
Questo incrocio azionario non solo ridisegna la governance di Mediobanca e Generali ma anche il controllo del risparmio italiano, garantendo una maggiore stabilità nazionale. L’operazione è stata vista come un modo per proteggere Generali da mire francesi, assicurando che la gestione del risparmio resti sotto controllo italiano.
In definitiva, l’iniziativa di Mps non è solo un tentativo di crescita dimensionale ma una strategia per consolidare e riorganizzare il controllo azionario in uno dei settori più cruciali dell’economia italiana, con implicazioni che vanno oltre il semplice interesse finanziario, toccando questioni di sovranità economica e sicurezza nazionale.
Ma il Monte non è o non era la banca dei pidioti, col padre della boschi nel cda mascherato da usciere per evitare che le malelingue malelinguassero?
Banca Etruria…. Quello stava la, nella banca che finanzio’ Progetti pantagruelici alla cmr di filo d Argenta…. Oggi fallita
Ahhhhh che bei ricorfi