La Corte d’Assise di Trento ha emesso una sentenza definitiva: ergastolo per Chukwuka Nweke, il richiedente asilo nigeriano che il 5 agosto 2023 ha brutalmente stuprato, rapinato e ucciso Iris Setti, una donna di 61 anni, nel parco Nikolajewka di Rovereto. Una condanna necessaria, ma che non placa l’indignazione di una comunità sconvolta e lascia aperta una domanda bruciante: perché un criminale, che doveva essere espulso o in carcere, era libero di seminare morte? I magistrati e le autorità responsabili di questa tragedia meritano di essere chiamati a rispondere, come complici indiretti di un orrore evitabile.
Un massacro annunciato
La sera del 5 agosto 2023, Iris Setti, persona amata e stimata, stava attraversando il parco Nikolajewka quando è stata aggredita da Nweke. L’uomo, già noto per reati violenti e con precedenti per aggressioni, aveva rapinato un’altra persona al bar “Il Portico” poco prima di scagliarsi contro Iris. Con una ferocia disumana, l’ha colpita con almeno 49 colpi al volto, lasciandola agonizzante per due ore. Non contento, l’ha violentata e derubata di un anello d’oro, mentre lei gridava “Aiuto, basta!”. Le sue grida, captate da passanti, e i filmati degli smartphone sono stati fondamentali per incastrarlo.
Un’aggressione sessuale e deliri superstiziosi
L’autopsia ha rivelato lesioni genitali e abiti abbassati, confermando la violenza sessuale. Durante gli interrogatori, Nweke ha avuto l’arroganza di giustificare il contatto con la vittima con deliri superstiziosi, parlando di una “maledizione” sulla sua virilità. Una scusa grottesca, respinta dai giudici, che ha aggravato la sua posizione. La sentenza di 160 pagine non lascia dubbi: Nweke è un predatore senza scrupoli, freddo e premeditato, con una “grave propensione al crimine” e senza alcun pentimento.
La vergogna di un sistema fallimentare
Ma la vera furia è per chi non ha fermato Nweke prima che fosse troppo tardi. Quest’uomo, un richiedente asilo con un curriculum di reati e un obbligo di firma che ignorava, era una bomba a orologeria. Le leggi italiane, che impediscono l’espulsione di un indagato per “garantire il diritto alla difesa”, e le decisioni di magistrati incapaci lo hanno lasciato libero di vagare, nonostante avesse già aggredito cittadini e persino i Carabinieri. È scandaloso che un individuo così pericoloso non fosse stato rinchiuso o rimandato al suo Paese. Iris Setti è morta perché un sistema debole e buonista ha messo i diritti di Nweke sopra la sicurezza dei cittadini.
Giustizia a metà
La sentenza, che prevede anche dieci mesi di isolamento diurno e la decadenza dalla responsabilità genitoriale, è un passo verso la giustizia. I familiari di Iris, che hanno ricevuto una provvisionale di 100.000 euro per la madre e 50.000 euro per ciascuno dei due zii, hanno dichiarato: “Giustizia è fatta”. Ma è davvero così? Finché i responsabili di aver lasciato Nweke a piede libero non pagheranno per le loro omissioni, la ferita resterà aperta. Quei magistrati, quei burocrati che hanno ignorato i segnali, meritano di essere giudicati con la stessa severità riservata all’assassino. Iris Setti non tornerà indietro, ma la sua morte deve essere un monito: basta con le politiche lassiste che trasformano le nostre città in giungle. È ora di mettere la sicurezza degli italiani al primo posto.
Vergogna alle puttane delle ong che ci scaricano tutta sta bella immondizia africana ogni giorno con la complicità della culoni e dei soliti sparasentenze a capocchia dei magistraminkia di turno
…e che dire della bella Vulviana (bionda ma non credo dappertutto) che chissà cosa avrebbe dato per essere lei al posto di Iris Setti?
Ma la provvisionale ai parenti chi l’ha sborsata? Non certo il negro che non ha un centesimo….
Del resto in Italia abbiamo la magistratura che ci meritiamo
Castrazione meccanica, non aggiungo altro per rispetto verso la Vittima e i suoi congiunti…