Caso Ramy, il solito magistrato: “Omicidio stradale per il carabiniere”

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By V luglio 3, 2025 21:55

Caso Ramy, il solito magistrato: “Omicidio stradale per il carabiniere”

**Giustizia capovolta: il carabiniere vittima delle toghe rosse nel caso Ramy**

È un insulto al buonsenso, un affronto a chi rischia la vita per proteggerci. La Procura di Milano, con i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, ha chiuso le indagini sul caso Ramy Elgaml, il 19enne morto il 24 novembre 2024 a Milano, schiantandosi su uno scooter durante un inseguimento dei carabinieri. E qual è il verdetto? Mettere sullo stesso piano un delinquente, Fares Bouzidi, che guidava senza patente, strafatto di droga, e il carabiniere che stava solo facendo il suo dovere. Entrambi rischiano il rinvio a giudizio per omicidio stradale. È questa la giustizia italiana? Perseguitare chi ci difende e trattare i criminali come vittime?

Ramy Elgaml non era un angioletto. Era un fuggitivo con precedenti, un complice di Bouzidi, che ha scelto di sfidare la legge, scappando per otto chilometri a bordo di uno scooter, mettendo a rischio la vita di chiunque incrociasse. Bouzidi, già condannato a due anni e otto mesi per resistenza a pubblico ufficiale, guidava sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, senza patente, e ora è accusato, giustamente, di omicidio stradale aggravato. Ma il carabiniere? Qual è il suo crimine? Aver cercato di fermare due spacciatori in fuga? Aver fatto ciò per cui è stato addestrato: proteggere i cittadini?

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Le perizie sono inequivocabili. L’ingegnere Domenico Romaniello, nominato dalla pubblica accusa, ha confermato che il carabiniere ha agito correttamente, frenando e senza causare uno speronamento. L’urto con lo scooter, se c’è stato, è stato laterale e non decisivo per l’incidente finale, quando il TMax si è schiantato contro un semaforo. Ma i pm hanno preferito dar retta alla ricostruzione di parte dei familiari di Ramy, rappresentati dall’avvocata Barbara Indovina, che parlano di un urto decisivo. Una tesi che sa di pretesto, di caccia al colpevole in divisa, di quel vizio tutto italiano di certe toghe rosse di prendersela con le forze dell’ordine, anche quando le prove gridano il contrario.

E poi c’è l’accusa di depistaggio e favoreggiamento a carico di altri carabinieri, che avrebbero chiesto a un testimone di cancellare un video. Peccato che, come chiarito dai consulenti della difesa, quel testimone era a 290 metri dall’incidente, troppo lontano per registrare qualcosa di utile. Il suo cellulare non conteneva nulla che potesse inchiodare i carabinieri. Ma non importa: l’obiettivo è screditare, infangare, trasformare i servitori dello Stato in capri espiatori.

La verità è che l’unica vittima qui non è Ramy Elgaml. Ramy ha scelto di delinquere, di fuggire, di mettere a rischio se stesso e gli altri. La vera vittima è il carabiniere, costretto a inseguire criminali sotto pressione e poi a difendersi da un sistema giudiziario che lo tratta come un colpevole per aver fatto il suo lavoro. È lui che, dopo aver rischiato la vita, si ritrova indagato, umiliato, costretto a dimostrare la propria innocenza.

Ma c’è di più: in un Paese normale, le forze dell’ordine avrebbero il diritto di fermare un delinquente in fuga, anche a costo di sbatterlo fuori strada. Negli Stati Uniti funziona così: se un criminale mette a rischio vite innocenti, la priorità è neutralizzarlo, non coccolarlo. Meglio che muoia il colpevole piuttosto che un passante, una madre, un bambino. In Italia, invece, ci nascondiamo dietro un garantismo ipocrita che protegge i delinquenti e lega le mani a chi ci difende. Un inseguimento come quello di Ramy poteva finire con una strage: e se lo scooter avesse travolto un pedone? E se, per evitare l’urto, il carabiniere avesse causato un incidente più grave? Perché non diamo alle forze dell’ordine gli strumenti e l’autorità per agire con decisione, come accade altrove?

Questo è l’ennesimo schiaffo alle forze dell’ordine, l’ennesima prova di un Paese che ha smarrito il senso della giustizia. Le toghe rosse, con le loro accuse pretestuose, non fanno che indebolire lo Stato, scoraggiare chi indossa una divisa, alimentare un clima di impunità. È ora di dire basta: i carabinieri non sono il problema, sono la soluzione. Meritano rispetto, non processi ingiusti. E meritano di poter agire senza paura di finire in tribunale per aver protetto i cittadini.

**Basta con la giustizia al contrario. Basta con la persecuzione di chi ci difende. È ora di dire: prima la sicurezza, prima gli innocenti, prima chi serve lo Stato.**

Caso Ramy, il solito magistrato: “Omicidio stradale per il carabiniere” ultima modifica: 2025-07-03T21:55:13+00:00 da V
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By V luglio 3, 2025 21:55
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1 Comment

  1. lorenzoblu luglio 4, 09:18

    sarebbe opportuno cominciare a fregarsene delle sentenze di sti coglioni, che fanno?? ci arrestano a tutti,?? e poi chi ci arresta il magistramika in persona?? la verita’ è che la politica e le stesse forze dell’ ordine sono abituate ad obbedire e senza discutere in effetti le barzellette sui carabinieri sono indice della gran coglionagine di molte delle persone che fanno sto mestiere, tu tiri fuori una sentenza a cazzo e io ne ne frego, se fossero tutti cosi , ci sarebbe l’anarchia ma poi il magistraminkia di turno dovrebbe fare attenzione, con l’anarchia qualcuno che lo accoppa si trova eccome,,,!

    i froci dicono disobbedienza civile, bene per una volta tanto hanno ragione, che li si imitino—- i froci!

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