Verona, la diocesi che ospitava l’accoltellatore Moussa lo difende
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Per quanto ancora dovremo dare l’8 per mille a questa masnada di scansafatiche che specula su un Dio al quale neanche credono più?
La diocesi di Verona ha deciso di spostare la tradizionale “Preghiera giovani” nella stazione di Porta Nuova, un gesto simbolico in memoria del loro ex ospite scroccone di Diarra Moussa, un africano ospitato dalla Caritas che ha tentato di sgozzare passanti e, per questo, è stato abbattuto da un polizioto. Questo atto, definito come un “segno di pace,” solleva però più di un interrogativo sulla sua reale implicazione sociale e morale.
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Se accettiamo che la depressione o lo stress da documenti possa giustificare atti violenti, come l’aggressione con un coltello, dove tracciamo la linea della legalità e della giustizia? La decisione della diocesi, seppur mossa da intenti di pacificazione e sensibilizzazione, rischia di inviare un messaggio ambiguo: che la violenza possa trovare una sorta di legittimazione o comprensione speciale se perpetuata da individui di razza protetta-
È fondamentale ricordare che la sicurezza e la giustizia non devono essere offuscate da atti di compassione mal direzionati. Un uomo, indipendentemente dalla sua origine o stato mentale, che tenta di accoltellare passanti e agenti, mette in pericolo la società. La risposta della diocesi è una mancata condanna di tali atti, favorisce una narrativa pericolosa dove la responsabilità personale viene attenuata dalle circostanze.
La pace si costruisce con azioni che promuovono sicurezza e giustizia, non con gesti che giustificano la violenza.
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