“Sorella sei sola”. Femministe non si indignano se la violenza è degli immigrati

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By V ottobre 28, 2024 15:23

**Il silenzio delle femministe per questi due femminicidi**

In un mondo che dovrebbe lottare per la parità e la giustizia, assistiamo invece a uno spettacolo che lascia sconcertati: la vittimizzazione del carnefice. Il legale di Jashan Deep Badhan, il 19enne indiano che ha tolto la vita a Sara Centelleghe, ha dichiarato che il suo cliente è “provato” e ha richiesto supporto morale e psicologico per lui.

Dove sono le voci delle femministe che avrebbero dovuto alzarsi per Sara? Dove è il coro di protesta per una giovane vita spezzata? Invece di un grido d’indignazione, sentiamo un silenzio assordante, rotto solo da parole di sostegno al suo assassino.

Questo non è solo un caso di tragedia personale ma un sintomo di una società che sembra aver perso la bussola morale. È incredibile che mentre una famiglia piange una figlia, un’assassina, l’attenzione si sposti sul benessere mentale di chi ha commesso l’atto più orribile.

Non si tratta di negare a nessuno il diritto a un giusto processo o a un supporto psicologico, ma il tempismo e il contesto di queste azioni sono, nel migliore dei casi, insensibili. E’ come se la vita di Sara valesse meno del disagio del suo assassino.

È tempo di chiedersi: dove finisce l’empatia e dove inizia la giustizia? La comunità, e soprattutto chi si batte per i diritti delle donne, dovrebbe essere in prima linea per ricordare che il vero provato è chi ha perso tutto, non chi ha tolto tutto.

Nel parallelo con il caso di Filippo Turetta, che ha assassinato la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, si nota una differenza abissale nel trattamento mediatico e pubblico. Turetta, un uomo bianco italiano, è diventato il “simbolo della violenza di genere”, con una copertura mediatica che ha sottolineato la gravità del suo atto e ha stimolato un dibattito nazionale sulla prevenzione dei femminicidi. La sua vicenda ha portato a deliranti discorsi sulla cosiddetta “cultura patriarcale”, sulla “necessità di educazione contro la violenza”, e alla richiesta di giustizia per Giulia. Tuttavia, quando si tratta di Jashan Deep Badhan, la narrativa cambia: si parla del suo stato emotivo, della sua ‘difficoltà’, quasi come se ci fosse una giustificazione o almeno una comprensione maggiore per i suoi sentimenti post-omicidio. Questo paragone mette in luce un doppio standard inquietante: mentre per Turetta si chiede giustizia e si discute la malattia sociale della misoginia, per Badhan si cerca già di costruire una difesa basata sulla sua sofferenza.






“Sorella non sei sola”. Ma Non una di meno non si indigna se la violenza è degli stranieri

“Sorella non sei sola”. Ma Non una di meno non si indigna se la violenza è degli stranieri

In Italia esistono violenze e omicidi di serie A e di serie B, soprattutto quando riguardano l’universo femminile. A dimostrarlo non sono i “mostri” del patriarcato dipinti dalle veterofemministe, ma sono proprio i collettivi come Non una di meno, che davanti a quanto accaduto questo weekend hanno ben pensato di tacere, di mantenere il silenzio. Anzi, peggio, perché hanno deliberatamente ignorato un omicidio e uno stupro, solo perché questi non sono utili alla propria narrazione.

Partendo dal principio, la scorsa settimana si è tenuta l’udienza per il processo Cecchettin che vede alla sbarra Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio della ragazza. Sguardo basso, l’assassino ha confermato la premeditazione del suo gesto, sostenendo che i coltelli e lo scotch erano in macchina perché avrebbe voluto prima sequestrare e poi uccidere Giulia, togliendosi poi la vita. Non c’era Elena Cecchettin in aula, c’era solo il padre. “Non sarò presente in aula. Non per disinteresse, ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di undici mesi che continuo ad avere incubi, undici mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto”, si legge in un passaggio del messaggio lasciato dalla sorella della vittima sui social, per informare che non sarebbe stata in aula. Nessuno può permettersi di giudicare la reazione di un parente davanti a un fatto di sangue di così grave, serve solo il silenzio e la solidarietà. Ed è arrivata da Non una di meno, che ha annunciato che durante la plenaria di sabato “è uscita forte la volontà di esprimere tutta la nostra sorellanza per Elena Cecchettin”. Sia per il dolore sia per “il trauma del processo e della narrazione mediatica”. Per lei, dicono, “continueremo nella nostra lotta contro il patriarcato e la violenza di genere e sui generi, non resteremo a guardare mentre un’altra sorella viene oggettificata, silenziata, disumanizzata, vittimizzata, stuprata o uccisa”. E concludono: “Ci stringiamo in un abbraccio collettivo ed esprimiamo la nostra solidarietà e tutta la nostra vicinanza ad Elena Cecchettin e alla sua famiglia in questo difficile momento. Saremo ovunque per dirle ancora una volta: sorella non sei sola”.

Bene. Ma perché da Non una di meno non è arrivato lo stesso messaggio per Sara, brutalmente uccisa a Costa Volpino da un coetaneo con diversi fendenti inferti con delle forbici? Sara era in casa, stava dormendo. Sara ha una madre sconvolta e un padre disperato. Eppure, Sara non merita le attenzioni di Non una di meno. Il suo assassino è un 19enne, suo coetaneo di origini indiane, che l’ha uccisa probabilmente perché da lei rifiutato. Eppure, per Sara non ci sono cortei e non ci sono manifestazioni, sembra si voglia far calare il silenzio.

E che dire della 14enne violentata in un cespuglio a Bolzano da un immigrato del Pakistan di 40 anni, mentre lei aspettava l’autobus? Perché per loro non c’è la sorellanza, perché per loro non c’è il “trauma della narrazione mediatica”? Eppure, per Sara, ora si sta dicendo che il suo assassino ha problemi ai nervi ed è in cura, quasi come a volerlo in qualche modo sollevare dalle sue responsabilità. Dov’è la solidar

“Sorella sei sola”. Femministe non si indignano se la violenza è degli immigrati ultima modifica: 2024-10-28T15:23:04+00:00 da V
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By V ottobre 28, 2024 15:23
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3 Comments

  1. Ul Gigi da Viganell ottobre 28, 16:45

    E’ solo una contraddizione della sinistra, non cominciamo a cavillare…

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  2. paolo sacchi ottobre 28, 20:08

    sono vittime di serie B, è evidente

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  3. Jk ottobre 28, 21:28

    Voglio portare la mia opinione ed una testimonianza.
    Avete notato che TUTTE le appartenenti al gruppo non una di meno sono accomunate da questi tratti:
    1) sono tutte con capelli colorati e piercing
    2) hanno tatuaggi
    3) sono in media di bellezza dal 5 a scendere, sono sfornate, corpo a forma di bustone.
    4) consumano canne e bamba
    5) frequenta corsi tipo biologia se va bene o scienze politiche ed è pure retina.
    Al netto di tutto una non una di meno è la peggiore cosa che un uomo può avere.
    Sono come robot, possono aver copulato pure con spacciatori ( fuorisede universitaria siciliana che ha sfornato un negretto che avrebbe dovuto abortire ottenuto con uno spacciatore nigeriano che la faceva drogare e fare orge durante la gravidanza).
    Fanno omertà peggio dei mafiosi e degli ndrangheta se l assassino è negro o maruga….
    Le galline a libro paga sono molto più di quanto possiate immaginare….

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