Toghe rosse fanno tornare immigrati dall’Albania ma loro stuprano le ragazzine
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**Ennesima Violenza Sessuale da un Immigrato: Una Critica alla Giustizia Italiana**
Nella notte di sabato 2 novembre, una minorenne italiana di soli 16 anni ha vissuto un orrore indescrivibile alla stazione ferroviaria di Tivoli. Un giovane immigrato di 24 anni, originario del Bangladesh e in stato di ebbrezza, ha tentato di stuprarla dopo averla avvicinata in una zona isolata della sala d’attesa. La pronta risposta della gente presente ha portato all’arresto del colpevole, ma l’episodio solleva domande inquietanti non solo sulla sicurezza pubblica, ma anche sulla gestione dell’immigrazione e sulla giustizia italiana.
Questo non è un caso isolato. La violenza sessuale da parte di immigrati è diventata un fenomeno preoccupante nelle nostre città, con una particolare incidenza nella comunità bangladese. Tuttavia, ciò che rende questa situazione ancora più critica è il contesto giudiziario in cui si inserisce.
Una giudice romana, ora sotto scorta per le presunte minacce ricevute, ha recentemente deciso il ritorno in Italia di clandestini, tra cui diversi bangladesi, dall’Albania, sostenendo che il Bangladesh non è un “paese sicuro”. La contraddizione è evidente: come può un paese non essere sicuro per i suoi cittadini, ma diventare pericoloso una volta che questi giungono in Italia?
La questione si complica ulteriormente considerando che questo giudice, che rientra nella categoria delle cosiddette ”toghe rosse”, riceve uno stipendio finanziato dai contribuenti italiani, gli stessi che vedono le loro comunità trasformarsi in luoghi di insicurezza. La domanda sorge spontanea: se la figlia di questo giudice fosse stata la vittima, il suo giudizio sarebbe stato lo stesso?
Questo episodio di violenza a Tivoli non solo evidenzia le falle nella sicurezza delle infrastrutture pubbliche, ma anche le contraddizioni e le inefficienze del sistema giudiziario. La giustizia dovrebbe essere al servizio della sicurezza dei cittadini, non contro di essa. Criticare questi giudici non significa mancare di umanità o comprensione verso chi cerca asilo o migliori condizioni di vita, ma piuttosto richiamare all’ordine e alla responsabilità coloro che, con le loro decisioni, compromettono la sicurezza pubblica.
La società civile, le forze dell’ordine e i cittadini richiedono giustizia, ma anche una riflessione profonda sul sistema di accoglienza e integrazione, e soprattutto su come la magistratura interpreta e applica le leggi, specialmente in materia di immigrazione e sicurezza. La fiducia nella giustizia è in gioco, e incidenti come questi mettono a nudo le inadeguatezze di un sistema che sembra, a volte, più preoccupato per i diritti degli aggressori – quando sono immigrati – che per la protezione delle vittime.
Ce ne andiamo tutti in Russia? Così le toghe rosse potranno farsi pagare lo stipendio dai migranti…