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**L’Assurdità delle Toghe Rosse: Un Attacco alla Sovranità Nazionale**

In un’operazione che rasenta l’inverosimile, i giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Roma hanno ancora una volta messo in discussione la sovranità e l’ordine pubblico dell’Italia. Non è la prima volta che le cosiddette “toghe rosse”, termine coniato per descrivere quei magistrati che sembrano seguire un’agenda politica piuttosto che i principi di giustizia e legalità, intervengono in modo controverso e contro la volontà popolare espressa dal governo eletto dal popolo.

La decisione di riportare in Italia un gruppo di migranti dall’Albania ha scatenato un dibattito acceso. Elon Musk, voce influente a livello globale, ha pubblicamente criticato questa decisione, affermando che “le toghe rosse devono andarsene”. Matteo Salvini, leader della Lega, ha rincarato la dose, sostenendo Musk e dichiarando che “le toghe rosse non possono dettare legge al di sopra del governo eletto dal popolo”.

Questa non è solo una questione di politica interna; è un sintomo di un problema più profondo riguardante l’interferenza giudiziaria e la sovranità nazionale. Le toghe rosse, con le loro decisioni, sembrano spesso applicare l’agenda dell’Unione Europea o assecondare gruppi di pressione, piuttosto che le leggi italiane e la volontà espressa dagli elettori italiani. Un magistrato ha descritto come “quel vocione rabbioso” l’attuale premier e poi ha rilasciato clandestini, mettendo a rischio la sicurezza pubblica: fanno opposizione al popolo.

Gli esempi di come queste decisioni possano avere conseguenze dirette sulla società italiana sono numerosi. In un episodio scioccante, un individuo di origine africana, descritto come “amico delle toghe rosse”, ha aggredito degli infermieri, sottolineando come tali decisioni giudiziarie possano portare a un deterioramento dell’ordine pubblico.

Inoltre, la situazione Albania ha sollevato ulteriori interrogativi sulla legittimità delle decisioni giudiziarie. Il rifiuto di convalidare il trasferimento di migranti in Albania, nonostante gli accordi internazionali, è stato percepito da molti come un vero e proprio colpo di stato giudiziario. Questo non solo mina la cooperazione internazionale ma anche il principio che i giudici dovrebbero applicare le leggi, non fare politica.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, avrebbe il dovere di garantire che la giustizia sia amministrata in modo imparziale e conforme alla legge. Tuttavia, il suo silenzio e la mancanza di intervento diretto in queste controversie alimentano l’accusa che arriva da alcuni di essere complice, se non attivamente, almeno per omissione, di queste manovre giudiziarie che sfidano apertamente la volontà popolare e la sovranità nazionale.

Dobbiamo chiederci: possiamo licenziare i politici che non rispondono alle nostre aspettative, ma come possiamo gestire magistrati che sembrano agire al di là del loro mandato, riempiendo il paese di clandestini e mettendo a rischio la sicurezza pubblica? Le toghe rosse, con i loro stipendi elevati, sembrano godere di una sorta di immunità, mentre le loro decisioni hanno conseguenze dirette sulla vita e sulla sicurezza dei cittadini italiani.

È tempo di un dibattito serio e di riforme che riportino l’equilibrio tra i poteri dello Stato, garantendo che la giustizia serva prima di tutto il popolo italiano e non le ideologie o gli interessi politici di una minoranza. La sovranità nazionale e l’ordine pubblico non possono essere sacrificati sull’altare di una presunta superiorità morale o di una ideologia politica.