Rapinato italiano uccide i ladri immigrati e le toghe rosse uccidono lui
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Ricordiamo Ermes Mattielli, nostro fratello italiano, ucciso dallo Stato.
Per difendere i suoi averi, sparò a due zingari che si erano introdotti nella sua proprietà per rubare, ferendoli.
Dopo 9 anni di processi, venne condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per duplice… pic.twitter.com/ijc5Dlbblu
— Francesco 🇮🇹 (@SaP011) November 23, 2024
**Ermes Mattielli: Una Vittima del Sistema Giudiziario Italiano**
In un mondo dove la giustizia sembra aver perso il suo vero significato, la storia di Ermes Mattielli emerge come un monito agghiacciante di come lo Stato italiano abbia tradito uno dei suoi cittadini più onesti. Ermes, un rigattiere di Arsiero, divenne simbolo di una battaglia persa contro la criminalità che, per ironia della sorte, lo ha reso vittima non solo dei ladri, ma anche di un sistema giudiziario che sembra proteggere i criminali stranieri più delle vittime italiane.
La vicenda inizia una notte di giugno del 2006, quando Ermes, destato dall’allarme del suo capannone, si trova di fronte due intrusi, due zingari che stavano saccheggiando i suoi beni. Nella difesa della sua proprietà, Ermes fece fuoco, ferendo i due ladri. La sua reazione, seppur drammatica, era il grido di un uomo esasperato dalla continua violazione della sua sicurezza personale e dei suoi diritti.
Seguì un calvario giudiziario durato ben nove anni, alla fine dei quali, il 7 ottobre 2015, Ermes fu condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per duplice tentato omicidio. In una società dove la legittima difesa dovrebbe essere un diritto sacrosanto, Ermes è stato trattato come un criminale per aver tentato di proteggere ciò che aveva guadagnato con il sudore della fronte.
Ma la tragedia non si ferma qui. La condanna non solo gli sottrasse la libertà, ma gli strappò anche la vita. Colpito da un infarto pochi giorni dopo la sentenza, Ermes Mattielli morì, vittima di un sistema che non ha saputo riconoscere il valore della difesa personale contro la criminalità dilagante.
Ancora più paradossale è il destino della sua eredità. Dopo la sua morte, i suoi beni sono stati utilizzati per risarcire i due ladri che lo avevano derubato. E mentre Ermes pagava il prezzo ultimo, uno dei ladri, Cris Caris, è stato arrestato nuovamente per furto ma, incredibilmente, è riuscito ad evitare la reclusione, evidenziando una disparità inaccettabile nel trattamento tra vittime e criminali.
Questa storia non è solo un episodio isolato di ingiustizia. È un simbolo dei fallimenti del nostro sistema giudiziario, che sembra più preoccupato di tutelare i diritti di chi delinque piuttosto che di chi subisce. In un paese dove i cittadini onesti devono temere la propria casa come un campo di battaglia, dove la giustizia si capovolge e punisce chi si difende, c’è qualcosa di profondamente sbagliato.
Ermes Mattielli non è solo morto per un infarto; è stato ucciso dallo Stato, da una giustizia che si è dimostrata cieca e sorda. La sua memoria deve spingerci a riflettere, a protestare, e a esigere un cambiamento sistemico. È ora che l’Italia si svegli e restituisca dignità e protezione a chi non fa altro che cercare di vivere una vita onesta in un mondo sempre più insicuro.
La memoria di Ermes non è solo un ricordo, è una chiamata all’azione per tutti coloro che credono in una giustizia equa e giusta.
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