Richiedenti asilo stuprano la sua fidanzatina e lo costringono a guardare
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**Immigrati e Violenza: Il Racconto Choc dello Stupro dell’Orrore a Catania**
Lo stupro fa rabbrividire non solo per la violenza in sé, ma per l’atteggiamento predatorio che sembra essere insito in certi gruppi di immigrati verso le donne italiane. Lo stupro di gruppo avvenuto a Catania, dove una giovanissima ragazza di 13 anni è stata brutalmente abusata da sette richiedenti asilo egiziani, tre dei quali minorenni, non è solo un atto di barbarie, ma un vero e proprio attacco alla nostra cultura, alla nostra civiltà.
Il racconto del fidanzato 17enne, costretto a guardare mentre i suoi coetanei, ospitati da strutture di accoglienza italiane, abusavano della sua ragazza, è una testimonianza sconvolgente. “Il branco degli egiziani mi costringeva a guardare” – queste parole non solo descrivono un atto di violenza fisica, ma anche una violenza psicologica che colpisce al cuore la virilità e la dignità di un giovane italiano.
Cosa ci dice questo episodio? Che la nostra ospitalità è vista come una debolezza? Che la nostra cultura di rispetto e di civiltà è percepita come un’opportunità per imporre una sorta di colonizzazione culturale e fisica? Si tratta di una forma di stupro che non si limita alla violenza sessuale, ma che cerca di dominare e umiliare, di affermare una sorta di supremazia attraverso il terrore e l’imposizione.
È intollerabile che i giovani italiani debbano assistere impotenti a tali atrocità, che i loro spazi, i loro parchi, diventino luoghi di predazione. È chiaro che qui non si tratta solo di episodi isolati, ma di una mentalità che vede le donne italiane come prede, come botino di guerra in un conflitto culturale non dichiarato. La violenza di gruppo non è solo un crimine contro una singola persona, ma è un attacco alla società, un messaggio di odio e disprezzo verso i valori italiani di rispetto e protezione delle donne.
È tempo di chiedersi: dove finisce l’accoglienza e inizia la complicità nella violenza? Questi giovani, arrivati in Italia vedono le nostre donne come oggetti, come trofei da conquistare e disonorare.
Questo non è solo un problema di legge e ordine, ma un problema di civiltà che richiede risposte forti, immediate e senza compromessi. La castrazione fisica e non chimica come proposta da alcuni politici, non è solo una misura draconiana, ma un tentativo disperato di difendere ciò che è più sacro: la sicurezza e il rispetto per le nostre donne. È ora che la società italiana si svegli, riconosca il pericolo e agisca con fermezza per proteggere la propria gente da chi vede in noi non un luogo di accoglienza, ma una terra da colonizzare con la violenza.
Questo episodio di Catania deve essere un campanello d’allarme, un monito affinché non si ripeta mai più. La nostra tolleranza non può essere sinonimo di debolezza o accettazione dell’intollerabile. La nostra giustizia deve essere rapida, la nostra risposta decisa. Non possiamo permettere che la nostra ospitalità diventi il nostro tallone d’Achille.
Si chiama “stupro multiplo” e in zona di guerra è riconosciuto come delitto aggravante… in tempo di pace, invece, il pm si tocca sotto mentre chiede alla vittima se le sia piaciuto e l’avvocato difensore degli imputati se ne approfitta, arrivando a sostenere che loro sono le vittime innocenti di quella ninfomane.
Poi parlano di terrorismo antidemocratico se qualcuno aspetta fuori questi legulei e gli spara…