Monfalcone è islamica: “se non paghi la moschea non lavori”
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Nell’ombra delle luci della ribalta italiana, un fenomeno preoccupante sta prendendo piede, una colonizzazione culturale che minaccia la nostra identità e sovranità. Monfalcone, città quasi non più italiana, è diventata il simbolo di questa crisi, dove l’immigrazione islamica, in particolare dal Bangladesh, non solo sta trasformando il tessuto urbano, ma sta anche imponendo una legge non scritta che sfida apertamente l’autorità dello Stato italiano.
Il recente scandalo che ha scosso Monfalcone, rivelato con l’inquietante titolo “Se non paghi la moschea non lavori”, mette in luce un pericolo che non possiamo più ignorare. La moschea, lungi dall’essere un semplice luogo di culto – le moschee non sono mai solo luoghi di culto ma basi del nemico -, sta agendo come un’istituzione sovranazionale, con un potere che supera quello delle autorità locali e nazionali. Questo non è solo un problema di integrazione, ma un caso evidente di dominazione e controllo su una comunità lavoratrice, dove il diritto al lavoro è condizionato da obblighi religiosi e finanziari estranei alla nostra legge.
L’immigrazione dal Bangladesh ha raggiunto un punto in cui Monfalcone non è più riconoscibile. Città un tempo italiane, ora sono luoghi dove le lingue, le usanze e le leggi di un altro paese prendono il sopravvento. Questa non è integrazione; è sostituzione etnica e culturale. La richiesta di chiudere i ricongiungimenti familiari è più che giustificata. Questi non sono solo legami familiari ma meccanismi che perpetuano e amplificano il fenomeno migratorio, aumentando la pressione sulle nostre risorse, spazi e identità.
Il governo italiano deve adottare misure drastiche. Bisogna:
Sospendere i ricongiungimenti familiari, soprattutto per gli immigrati provenienti da paesi con culture profondamente divergenti dalla nostra, come il Bangladesh.
Regolamentare strettamente l’apertura e il funzionamento delle moschee, assicurando che non diventino centri di potere parallelo. Soprattutto rendendole inutili con l’azzeramento dell’immigrazione islamica regolare.
Supportare i cittadini italiani che vedono il loro spazio vitale e culturale sempre più ristretto, non solo attraverso politiche di sicurezza ma anche con misure economiche e sociali che proteggano la nostra identità.
È ora di dire basta all’islamizzazione dell’Italia. Monfalcone è solo la punta dell’iceberg di un processo che potrebbe vedere altre città italiane subire lo stesso destino se non si agisce con decisione. La nostra cultura, la nostra economia, il nostro modo di vivere sono a rischio. Dobbiamo proteggere l’Italia dagli invasori culturali che, sotto il pretesto dell’immigrazione, stanno cercando di imporre la loro visione del mondo.
Non possiamo permettere che la nostra terra diventi un’estensione di altre nazioni. È tempo di ricordare che l’Italia è degli italiani e che solo con misure forti e immediate possiamo garantire che rimanga tale.
La moschea non è mai paragonabile alla semplice chiesa cristiana ma semmai all’oratorio per via delle attività sociali connesse: nell’oratorio i ragazzini giocano a calcio e i loro nonni si danno alla briscola per passare il tempo, da loro invece fanno indottrinamento politico continuo.
L’attuale situazione britannica deriva (anche) dal fatto che per anni qualunque baluba poteva presentarsi in dogana dicendo che voleva aprire una scuola coranica e automaticamente veniva ammesso nel paese, il risultato oggi è che ci sono tante moschee quante sono le chiese cattoliche, circa 2.000 a testa (quelle protestanti sfiorano le 40.000 unità), mentre dovrebbero essercene zero, visto che non vi è attinenza o collegamento tra la storia britannica ed il mondo mussulmano: si chiama invasione e le conseguenze sono il merdaio attuale, che si meritano e che si tengono.