Corvetto, invece dei teppisti islamici colleghi di Ramy indagano i carabinieri
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Lo Stato italiano premia i teppisti islamici che hanno bruciato il Corvetto indagando sei carabinieri. Intanto i teppisti islamici se la ridono. E il risultato di queste inchieste sarà chiaro: impedire ai carabinieri e ai poliziotti di fare il loro lavoro, di fermare i delinquenti stranieri che infestano le nostre strade.
Caso Ramy: Le Toghe Perseguitano i Carabinieri e non i Delinquenti Stranieri
In questa cazzo di Repubblica, dove la giustizia è diventata una barzelletta, il caso di Ramy Elgaml, il delinquente egiziano di 19 anni morto a Milano mentre scappava come un codardo dalla legge, mostra un sistema giudiziario che ha perso completamente il senso del proprio dovere. Sei carabinieri, che hanno risposto a una chiamata d’emergenza nel quartiere Corvetto, sono ora sotto il microscopio della procura, mentre le toghe, più o meno di sinistra, paiono più interessate a perseguitare chi difende l’ordine pubblico piuttosto che i veri criminali.
Le Toghe Contro i Difensori della Legge
La procura di Milano ha avuto il coraggio di sequestrare i telefoni di questi sei uomini in divisa, arrivati sul luogo dell’incidente su tre diverse auto. Quattro di loro sono già stati messi nel registro degli indagati, accusati di omicidio stradale, favoreggiamento e depistaggio.
Ricordiamo che, al massimo, i carabinieri potrebbero avere ‘ucciso’ l’africano nel tentativo di fermarlo. Dovevano lasciarlo andare? Se avesse appena ucciso qualcuno? Se avesse appena messo una bomba?
Le toghe sembrano ormai andare a caccia delle vittime. Non il rapinatore, ma la vittima che gli spara. Non il ladro maghrebino, ma il carabiniere che lo insegue. Non lo stupratore africano, ma il fidanzato della vittima che lo ammazza? Ma che cazzo di giustizia è questa?
La Protezione dell’Immigrazione Clandestina
Fares Bouzidi, amico della vittima e alla guida dello scooter in fuga, è accusato di omicidio stradale, esattamente come un vicebrigadiere. Avete capito bene: un rapinatore africano in fuga è messo sullo stesso piano del nostro carabiniere che faceva il suo dovere. Perché tanta attenzione sui carabinieri e così poco sulla responsabilità di chi guida senza rispetto per la vita umana? Questi episodi mostrano come le toghe siano più propense a difendere i diritti dei clandestini che la sicurezza degli italiani.
La Vera Giustizia è Assente
Il testimone oculare, la cui credibilità è in dubbio, parla di un impatto, ma invece di fare chiarezza si procede con consulenze cinematiche e informatiche che sembrano solo un modo per allungare un’inchiesta a carico dei contribuenti, puntando il dito contro chi cerca di mantenere l’ordine. L’interrogatorio di Fares è fissato per giovedì, ma ciò che vediamo è un sistema che protegge chi non dovrebbe essere qui, piuttosto che chi cerca di fare rispettare la legge. Ma poi, cambierebbe qualcosa se la morte fosse stata causata dall’impatto durante un incidente con i due delinquenti in erba in fuga? Per la legge sì, per ogni persona normale no.
Un’Urgenza Nazionale
L’Italia non può continuare su questa strada del cazzo. Le toghe che perseguono i carabinieri mentre difendono un’immigrazione che porta solo crimine e disordine sono un simbolo della decadenza del nostro sistema giudiziario. È necessario un cambio di rotta, una riforma che metta la sicurezza dei cittadini al primo posto, non la protezione di chi entra nel nostro paese per rompere i coglioni. Azzerare l’immigrazione islamica, che ha portato a queste tragedie, non è solo una questione politica, ma di sopravvivenza nazionale.
Questo caso è una lezione di giustizia mal applicata e un campanello d’allarme: finché le toghe saranno più interessate a perseguire chi protegge che chi minaccia l’Italia, il nostro paese sarà sempre più vulnerabile. E il risultato di queste inchieste sarà chiaro: impedire ai carabinieri e ai poliziotti di fare il loro lavoro, di fermare i delinquenti stranieri che infestano le nostre strade.
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