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Oltre 300 clandestini sono sbarcati nelle ultime ore a Lampedusa, riprendendo gli approdi dopo una breve tregua causata dal maltempo. Tra questi, c’è anche una ragazzina di 11 anni, originaria della Sierra Leone, che dicono essere unica superstite di un naufragio che ha visto morire più di 40 clandestini, partiti dalla Tunisia solo tre giorni fa. Dalla Sierra Leone alla Tunisia pagando migliaia di dollari per venire a scroccare in Italia: dov’è il blocco navale?

Questa ragazzina, recuperata dall’equipaggio del Trotamar III, è stata portata all’alba sull’isola.

Ogni volta che questi clandestini arrivano sulle nostre coste, è come se il nostro paese venisse invaso, sovvertendo il nostro ordine e mettendo a rischio la nostra sicurezza. La storia della ragazzina della Sierra Leone, sebbene straziante, non può essere usata per giustificare l’ondata continua di clandestini che cercano di penetrare illegalmente nel nostro paese. Questi approdi non sono solo una questione di umanità; rappresentano un fallimento della nostra politica di controllo delle frontiere e un pericolo per la nostra società.

Lampedusa, che dovrebbe essere un paradiso turistico, è diventata un punto di raccolta per chi cerca di entrare illegalmente in Europa, sfruttando la nostra compassione e le nostre risorse. La gestione di questi hotspot, come quello di contrada Imbriacola, non è una soluzione; è un sintomo di un problema molto più grande: l’incapacità di fermare i flussi migratori clandestini alle loro origini. È tempo di riconoscere che ogni sbarco è un atto contro la sovranità nazionale e un’ulteriore prova che le nostre frontiere sono state troppo a lungo lasciate indifese. E lo sono ancora.