Ha ucciso e sbranato una donna italiana: ripristinare la pena di morte
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Rovereto, nel vergognoso silenzio della stampa dem, è iniziato il processo che vede come imputato il nigeriano clandestino Chukwuka Nweke, quello del “fisico spettacolare”.
Il 5 agosto del 2023, Nweke uccise di botte, violentò e rapinò la 61enne Iris Setti, la quale rientrava a… pic.twitter.com/i7UUQvzcKf
— Francesca Totolo (@fratotolo2) December 22, 2024
Immigrazione e Accoglienza: Un Sistema Che Genera Mostri
Rovereto, 22 dicembre 2024 – In un silenzio assordante dei media progressisti, si è aperto il processo per un crimine talmente barbaro che dovrebbe scuotere le coscienze dell’intero paese. Chukwuka Nweke, un nigeriano richiedente asilo, è accusato di aver brutalmente ucciso, violentato e rapinato Iris Setti, una donna italiana di 61 anni, colpevole solo di tornare a casa dopo aver fatto visita alla madre anziana. Questo orrore è avvenuto il 5 agosto 2023, e rappresenta un simbolo dell’insensata politica di accoglienza che ha trasformato l’Italia in un terreno fertile per la violenza e il crimine.
Il dato è agghiacciante: nel 2023, il 26% degli omicidi di donne è stato commesso da stranieri, nonostante rappresentino solo il 9% della popolazione residente, clandestini inclusi. Un rapporto sproporzionato che grida vendetta, che ci impone di riflettere su quanto sia diventato insostenibile questo stato di cose.
La nostra compassione, la nostra apertura, sono state sfruttate, trasformate in una licenza per commettere atti di barbarie senza precedenti. Abbiamo permesso a chi non rispetta la nostra cultura, le nostre leggi, e la vita stessa, di entrare nelle nostre città, nelle nostre case, mettendo a rischio la sicurezza di ogni singolo cittadino.
Chukwuka Nweke non è un caso isolato; è il prodotto di un sistema che accoglie senza discernimento, che non valuta il pericolo che si porta dietro. È tempo di dire basta. Non possiamo più permetterci di essere il paese che chiude un occhio di fronte a questi orrori. La vita di Iris Setti, come quella di tante altre donne, non può essere ridotta a una statistica, a un numero in un rapporto annuale.
La soluzione? Non può essere che una: la pena di morte per chi compie tali atti di ferocia. Non possiamo più concedere a chi non ha rispetto per la vita di altri la possibilità di vivere tra di noi. La pena capitale è l’unica risposta adeguata alla gravità di questi crimini, un deterrente che potrebbe finalmente far capire che l’Italia non è più disposta a essere il campo di prova per la distruzione della sua società.
Le nostre leggi devono cambiare. La nostra politica di accoglienza dev’essere rivista, e chi entra nel nostro paese deve sapere che non ci sarà più tolleranza per chi commette crimini di tale crudeltà. La sicurezza dei cittadini italiani viene prima di qualsiasi ideale di integrazione forzata e malriuscita.
È ora di alzare la voce, di smettere di nascondere la verità dietro un velo di politically correct. Se vogliamo proteggere le nostre famiglie, le nostre donne, dobbiamo essere pronti a prendere decisioni draconiane. Perché ogni giorno che passa senza giustizia è un giorno in cui permettiamo che altri Iris Setti cadano vittime di un sistema che ha fallito nel suo compito più basilare: proteggere i suoi cittadini.
Pena di morte per i mostri tra noi. Solo così potremo iniziare a ricostruire la sicurezza e l’ordine in Italia.
Addirittura si deve tornare alla pena di morte? Intanto bisognava bloccare l’immigrazione regolare e irregolare per evitare tanti crimini commessi da migranti, ma nessuno fa nulla.
Può essere un modo per evitare crimini, ma alcuni delinquenti li commetteranno lo stesso.
Il porco – chiamandolo col suo nome – và messo in cella assieme alla magistrata che, invece di perseguirlo come lo stupratore assassino quale è, gli ha sbavato dietro come una troia in calore fino a farsi cacciare sennò lo faceva liberare e se lo portava a casa.
Dopo che le avrà fatto fare la stessa fine – solo dopo – lo si prende e lo si appende per il collo fino a che morte non sopraggiunga, come recitava l’antica formula britannica per le condanne a morte per impiccagione, e si lascia il corpo in pasto ai corvi come monito ai baluba che vogliono fare i furbi.
Dopo aver preso due piccioni con una fava – solo dopo – proveremo a ragionarci sopra.
Avevo un cognato sessantottino che leggeva il “che” guevara ma aborriva la pena di morte e insisteva, manco fosse stato una “pubblicità progresso”.
Eravamo tutti a tavola e gli chiesi “Ma se uno rapisce tua figlia bambina, la stupra e la sopprime tu non lo ammazzi con le tue mani?”
Ebbe il buon gusto di tacere anche se palesemente voleva rispondere di no, ma non poteva farlo perchè erano presenti sua moglie e sua figlia, che da allora mi ha sempre odiato…
allora qui c’è una vittima (sicura) Iris Setti; poi c’è un presunto assassino (fino al terzo grado di giudizio) Chukwuka Nweke ma non vedo comparire il nome della giudicessa che in qualche modo è parte in causa (VULVIANA DEL TEDESCO mi pare si chiami) non fosse altro per gli apprezzamenti espressi nei confronti del pres-unto. E poi c’è tutto il codazzo delle matriarche in primis quella tizia con l’anello al naso e lo sguardo torvo che avendolo probabilmente preso in culo sia in senso proprio che metaforico da qualche maschietto che evidentemente le piaceva allora con qualcuno se la deve pure rifare. Se davvero in Italia vigesse il patriarcato allora mi dovrebbero spiegare come mai nelle separazioni e divorzi giudiziali la parte maschile è sempre soccombente.