Stuprano in Duomo e non si fermano all’alt ma la sinistra dà la colpa ai Carabinieri
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Il caso di Ramy Elgaml ha messo in luce una realtà inquietante che non può più essere ignorata: la criminalità importata che si manifesta in modi sempre più violenti e sfrontati. Ramy, deceduto durante un inseguimento con i carabinieri dopo aver ignorato l’alt, è solo la punta dell’iceberg di un problema più ampio. La stessa comunità che ora piange la sua perdita è quella che ha visto alcuni dei suoi membri coinvolti in atti di violenza sessuale durante i festeggiamenti di Capodanno a Piazza Duomo, Milano. Ma invece di affrontare la verità, la sinistra italiana continua a puntare il dito contro le forze dell’ordine, accusando i carabinieri di essere i veri responsabili, ignorando così le azioni criminali di chi non si ferma davanti alla legge, né davanti al rispetto per le donne.
È arrivato il momento di dire basta a questa farsa, a questa continua manipolazione della realtà che cerca di trasformare i colpevoli in vittime. Ramy Elgaml, il giovane deceduto durante un folle inseguimento con i carabinieri a Milano, è stato elevato a martire da chi vuole ignorare la verità: Ramy e il suo amico, a bordo di uno scooter senza patente, hanno scelto di sfuggire alla legge, creando un pericoloso caos per le strade della città.
Il dibattito pubblico si è concentrato sulle presunte “frasi choc” dei carabinieri, registrate e diffuse in modo selettivo per scatenare l’indignazione della folla. Ma cosa dire del comportamento criminale che ha dato inizio a tutto questo? Cosa dire di un sistema che sembra premiare chi trasgredisce, mentre chi è chiamato a proteggere e servire viene messo alla gogna mediatica senza un giusto processo?
I carabinieri, che ogni giorno mettono a rischio la loro vita per mantenere l’ordine e la sicurezza, sono stati dipinti come aggressori, mentre i veri responsabili di questa tragedia, quelli che hanno ignorato la legge, sono spesso dimenticati o addirittura giustificati. Questa non è solo una mancanza di rispetto verso le forze dell’ordine, ma un pericoloso precedente che mette in discussione l’autorità dello Stato e la sicurezza pubblica.
Ora, la famiglia di Ramy ha l’ardire di accusare i carabinieri, quei servitori dello Stato che hanno cercato di fare il loro dovere, di essere responsabili della sua morte. Questa accusa è non solo offensiva ma anche grottescamente ipocrita. Perché? Perché la famiglia ha portato in Italia un individuo che ha dimostrato di non avere alcun rispetto per le nostre leggi. Ramy non è stato il modello di integrazione che molti cercano di dipingere; era un giovane che ha scelto di sfuggire alla giustizia, mettendo a rischio la vita di molti altri. Dedito al crimine.
È facile puntare il dito contro le forze dell’ordine, trasformare in eroi chi ha violato la legge, ma qui c’è una verità che non può essere ignorata: Ramy non si è fermato all’alt, ha scelto la via della fuga, e questo ha portato alla tragedia. Non possiamo permettere che questa narrazione distorta continui a proliferare, perché non fa altro che minare il rispetto per l’ordine pubblico e giustificare comportamenti criminali.
I carabinieri, in questo caso, hanno fatto esattamente ciò che dovevano fare: inseguire chi viola la legge per garantire la sicurezza di tutti. È ora che la famiglia di Ramy rifletta sulle proprie responsabilità, su come hanno permesso o forse addirittura incoraggiato un comportamento che ha portato a questa terribile fine. Accusare i carabinieri è non solo un tentativo di distogliere l’attenzione dalle azioni di Ramy, ma è anche un insulto a chi rischia la vita ogni giorno per mantenere l’ordine.
Basta con questa ipocrisia. Basta con il tentativo di trasformare chi ha scelto di non rispettare le leggi in un simbolo di qualcosa che non è. L’Italia ha bisogno di giustizia, trasparenza, e soprattutto di riconoscere che l’integrazione non può avvenire a scapito della legalità. La famiglia di Ramy dovrebbe chiedere scusa ai carabinieri, non accusarli, perché la vera responsabilità di questa tragedia risiede nelle scelte di chi ha deciso di ignorare la legge.
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