Taharrush Gamea, femministe vogliono integrare gli stupratori islamici
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Femministe Ipocrite e l’Islam: Un Silenzio Assordante sul Taharrush Gamea
Il silenzio delle femministe italiane sull’identità musulmana degli stupratori è sconcertante. In un comunicato congiunto, associazioni come RadFem Italia, Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile, Se Non Ora Quando Sisters, I-Dee e Women’s Declaration International Italia (WDI Italy) si sono espresse sul “Taharrush Gamea”, ma senza mai menzionare che si tratta di una pratica barbarica legata all’Islam.
“Identificare e punire il Taharrush Gamea, violenza di gruppo contro le donne. Il Taharrush Gamea (o Jama’i) è un barbarico rituale identitario maschile che consiste nell’usare violenza sessuale di gruppo su una donna che si trovi in uno spazio pubblico. Scopo del ‘rito’ collettivo è limitare la libertà delle donne per ricondurle in stato di sottomissione, riaffermando il controllo, il dominio e l’egemonia maschili. Il Taharrush Gamea è stupro di gruppo,” hanno dichiarato queste organizzazioni.
Ma perché non hanno il coraggio di dire che questi “riti” sono radicati nella cultura islamica? Perché nascondere che i protagonisti di queste aggressioni sono sempre uomini musulmani?
Queste femministe chiedono un aumento delle pene perché “soprattutto nelle grandi aree urbane la libertà di donne e ragazze è già significativamente compromessa dal rischio costituito dalla diffusione di questa e altre pratiche violente”. Tuttavia, il loro approccio è ipocrita. Parlano di “dialogo, integrazione e pace”, come se fosse possibile integrare chi pratica una violenza così esplicita contro le donne.
“Pur consapevoli che il principale presidio consiste in pratiche di dialogo, di integrazione e di pace, chiediamo che questo atto di violenza sia riconosciuto come reato specifico e/o eventualmente inserito tra le aggravanti previste dal Codice Rosso contro la violenza, con un inasprimento delle pene fino alla possibilità dell’espulsione,” si legge nel loro documento. Ma qui si evidenzia la vera ipocrisia: come si può parlare di integrazione quando si tratta di proteggere le donne dalla violenza sistematica e culturale dell’Islam?
In Italia, episodi di Taharrush Gamea sono ormai una realtà. Il primo caso noto avvenne a Milano in piazza Duomo la notte del 31 dicembre 2021, dove 9 giovani donne furono brutalizzate durante il “concertone” di Capodanno. Un altro episodio si verificò nel giugno 2022 sul treno Peschiera del Garda-Milano, con 5 ragazze molestate da una trentina di uomini, in maggioranza nordafricani, e il più recente a Milano durante i festeggiamenti di San Silvestro 2024, dove 4 ragazze belghe furono aggredite da un gruppo di 30-40 uomini secondo le modalità del Taharrush Gamea.
Le femministe che si lamentano di queste violenze dovrebbero avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome: questi atti non sono solo crimini sessuali, ma sono atti di sottomissione culturale islamica, una risposta alla “provocazione” costituita dalla libertà femminile, vista come una minaccia per l’identità islamica. Chiamare l’Islam per quello che è quando si tratta di proteggere le donne non è islamofobia, ma realismo e difesa dei diritti umani.
L’ipocrisia di queste associazioni femministe non fa che contribuire alla diffusione di questa pratica barbara, sottovalutando il pericolo reale per le donne italiane, tutto in nome di un’integrazione che sembra utopica e pericolosa.
Perchè evidentemente le femministe sono delle idiote ignoranti, che vanno contro l’uomo bianco occidentale. Poi però quando sono in difficoltà chiedono il suo aiuto…
Avete fatto caso al fatto che le femministe non se le scopa nessuno, neanche le lesbiche?
Mica arrivano a capire che sono solo noiose e che quindi tutti le evitano dopo la manifestazione in piazza…