Violentata sul bus mentre dorme dal solito africano
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Autobus Torino-Perugia: immigrati clandestini stupratori, la nostra rabbia non ha più limiti
Un autobus, un viaggio notturno, una donna di 36 anni che cerca solo di riposare. E invece si ritrova le mani luride di un marocchino clandestino di 34 anni addosso, a palpeggiarla senza vergogna, senza rispetto, senza umanità. È successo sulla linea Torino-Perugia, un tragitto che per quella povera donna si è trasformato in un inferno. Questa è l’Italia di oggi: un Paese dove le nostre donne non possono nemmeno dormire su un mezzo pubblico senza il terrore di essere violate da immigrati senza scrupoli, entrati qui illegalmente e lasciati liberi di seminare paura e violenza. Basta, siamo stufi, la misura è colma.
Lei dormiva, rannicchiata sul sedile, fiduciosa che un viaggio in autobus fosse un diritto, non un rischio. E invece quel porco, un clandestino marocchino senza permesso di soggiorno, ha deciso che il suo corpo fosse un oggetto da toccare, da profanare. Le sue urla hanno squarciato il silenzio, svegliando gli altri passeggeri e costringendo l’autista a intervenire. Grazie a lui, quel rifiuto umano è stato fermato e consegnato alla polizia in piazza Partigiani. Ma non basta. Non è abbastanza. Perché questa donna porterà per sempre le cicatrici di quell incubo, di quelle mani schifose che l’hanno aggredita in uno spazio da cui non poteva scappare. E noi, cittadini italiani, dobbiamo subire l’ennesima umiliazione di vedere la nostra sicurezza calpestata da chi non dovrebbe nemmeno essere qui.
Chi è questo 34enne marocchino? Un irregolare, un clandestino, uno che non ha alcun diritto di calpestare il nostro suolo. Eppure eccolo, libero di salire su un autobus e di molestare una donna indifesa. E quanti ce ne sono come lui? Quanti immigrati senza documenti, senza controllo, pronti a trasformare i nostri mezzi pubblici in teatri di violenza? Questa non è integrazione, è invasione. È un’occupazione selvaggia delle nostre vite, dei nostri spazi, della nostra dignità. E mentre la vittima cerca di riprendersi da un trauma che non avrebbe mai dovuto vivere, lui, il molestatore, finisce in questura. Denunciato, sì, ma per quanto? Quanto ci metterà a tornare libero, a colpire ancora, a ridere della nostra giustizia molle e impotente?
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Siamo furiosi, e abbiamo ogni ragione di esserlo. Le nostre donne non sono al sicuro, i nostri autobus non sono più un mezzo di trasporto ma un campo di battaglia. E tutto questo perché continuiamo a tollerare la presenza di clandestini come questo marocchino, feccia che non ha nulla da offrire se non crimine e arroganza. Basta con le scuse, basta con il “non sono tutti così”. Ogni episodio come questo è una coltellata al cuore della nostra società, una prova che stiamo perdendo il controllo della nostra patria. E chi permette tutto ciò? I politici che si riempiono la bocca di accoglienza, le ong che lucrano sul traffico di esseri umani, i buonisti che chiudono gli occhi mentre le nostre figlie, sorelle, mogli vengono aggredite.
Non vogliamo più sentir parlare di “casi isolati”. Questa è un’emergenza, un’epidemia di violenza che ha un volto ben preciso: quello degli immigrati clandestini che stuprano, molestano, terrorizzano. Vogliamo espulsioni immediate, senza se e senza ma. Vogliamo confini blindati, controlli ferrei, e chi entra illegalmente deve essere rispedito indietro con il primo aereo, nave o camion disponibile. Basta autobus trasformati in prigioni per le nostre donne, basta notti di terrore per chi vuole solo tornare a casa. Quel marocchino non è un’eccezione, è il simbolo di un fallimento che ci sta costando troppo caro.
Questa donna di 36 anni meritava di viaggiare serena, non di svegliarsi con le mani di un predatore sul suo corpo. Meritiamo tutti di vivere senza paura, nei nostri mezzi, nelle nostre città, nella nostra Italia. È ora di finirla con la tolleranza verso questi animali. Fuori i clandestini, fuori gli stupratori, fuori chi ci sta rubando la libertà. La nostra rabbia è un fuoco che non si spegnerà finché non avremo giustizia, e la giustizia vera non è una denuncia in questura: è un biglietto di sola andata per il Marocco. Subito.
se Edera Zumpimpim (sapete…quella con l’anello al naso, lo sguardo torvo-scemo e le treccine e che non manca di mazziare i figli sani del patriarcato e tutti gli uomini in generale) si fosse trovata su quel pullman magari le sarebbe piaciuto anche avere a che fare col marocchino