Milano figlio del panettiere confessa, “Ho ucciso immigrati perché mi minacciavano”
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Un altro italiano rovinato dall’immigrazione di massa: il figlio del panettiere confessa, “Ho ucciso perché mi minacciavano”
Il 21enne si chiude nel silenzio sulla pistola: una vita distrutta dall’esasperazione
“Mi avevano minacciato”. Con queste parole Raffaele Mascia, 21 anni, ha cercato di giustificare l’orrore che lo ha portato a imbracciare una pistola e a sparare, il 15 febbraio, nella panetteria del padre in piazzale Gambara, a Milano, uccidendo l’ucraino Ivan Disar, 49 anni, e ferendo gravemente il connazionale Pavel Koresko, 26 anni. Un altro giovane italiano, una vita spezzata, travolto da un’esasperazione che trova le sue radici in un’immigrazione di massa fuori controllo, che sta cambiando il volto delle nostre città e spingendo i cittadini al limite.
Interrogato oggi pomeriggio nel carcere di San Vittore dal pm Carlo Enea Parodi, assistito dai legali Giuseppe Alessandro Pennisi e Valentina Camerino, Mascia ha raccontato la sua versione dei fatti. Quel giorno, nella panetteria di famiglia, si sarebbe sentito minacciato dai due ucraini, clienti abituali del locale. “Ho perso la testa”, ha dichiarato, dipingendo uno scenario di tensione insostenibile.
Mascia, accusato di omicidio e tentato omicidio aggravati dai futili motivi e porto illegale d’arma, non è un criminale incallito, ma un ragazzo che lavorava come elettricista, figlio di un panettiere storico del quartiere. Eppure, quel pomeriggio, qualcosa è scattato. I due ucraini, che avevano bevuto qualche birra, erano lì, nella sua panetteria, nel suo spazio. Per lui, forse, le minacce sono state l’ennesima goccia in un vaso già colmo: anni di convivenza forzata con stranieri che, regolari o meno, occupano le strade, i negozi, la vita degli italiani, spesso senza rispetto per chi li accoglie.
Non ha voluto dire dove ha nascosto la pistola, avvalendosi del silenzio, ma il suo gesto parla chiaro: un’esplosione di rabbia, un grido disperato contro un sistema che lo ha abbandonato.
La difesa punta a smontare l’aggravante dei futili motivi e a invocare la provocazione, ma la Procura non cede: ha chiesto la custodia cautelare in carcere, segnalando il rischio di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato. Domani il gip Luca Milani lo interrogherà per decidere sulla convalida del fermo. Intanto, un altro italiano si ritrova dietro le sbarre, una vita distrutta non solo dalla sua reazione sconsiderata, ma da un’immigrazione selvaggia che genera conflitti insanabili. Mascia è l’ennesima vittima di un’Italia che non protegge i suoi figli, lasciandoli soli a fronteggiare un degrado che non hanno scelto.
per una volta Abele ha ucciso Caino per cui quei mattacchioni di “Nessuno tocchi Caino” salteranno su come galline col pepe al culo…del resto è il loro compito. Suggerirei loro di creare un’organizzazione sorella della loro che potrebbero chiamare “Abele t’è andata male per cui falla finita”