Sbarcato a Lampedusa sgozza tre fedeli in chiesa: “Non sono un terrorista, sono un musulmano… Tagliare la testa è un simbolo”
Related Articles
“Non sono un terrorista, sono un musulmano… Tagliare la testa è un simbolo, un messaggio per dire che c’è un’ingiustizia. La decapitazione serve anche per spaventare le persone”
Il Caso Brahim Aouissaoui: l’Immigrazione una Minaccia Mortale
Il processo al terrorista tunisino Brahim Aouissaoui, 25enne responsabile del brutale attentato nella basilica di Notre-Dame a Nizza nel 2020, riporta alla luce una verità scomoda che molti preferiscono ignorare: gli sbarchi incontrollati e l’immigrazione islamica senza filtri rappresentano un pericolo concreto per la sicurezza dell’Europa. Aouissaoui, sbarcato a Lampedusa appena due mesi prima di compiere il suo atto sanguinario, ha sgozzato due donne e il sagrestano della basilica, lasciando un segno indelebile di terrore. Le sue parole in aula, riportate da fonti recenti, sono agghiaccianti: “Non sono un terrorista, sono un musulmano… Tagliare la testa è un simbolo, un messaggio per dire che c’è un’ingiustizia. La decapitazione serve anche per spaventare le persone”. Una dichiarazione che non solo giustifica l’orrore, ma lo eleva a strumento ideologico, radicato in una visione estremista incompatibile con i valori europei.
Il percorso di Aouissaoui è una condanna senza appello per le politiche migratorie lassiste dei governi italiani degli ultimi anni. Arrivato illegalmente a Lampedusa il 20 settembre 2020 su un barcone proveniente dalla Tunisia, è stato accolto dal nostro sistema come uno dei tanti “migranti in cerca di fortuna”. Dopo un periodo di quarantena sulla nave Rhapsody e un trasferimento a Bari, dove è stato fotosegnalato e ricevuto un ordine di espulsione, è stato lasciato libero di muoversi. Nessun controllo efficace, nessuna verifica approfondita sulla sua identità o sulle sue intenzioni. Da Bari, ha raggiunto la Francia in poche settimane, portando con sé un coltello e un piano omicida che ha spezzato tre vite innocenti. Questo non è un caso isolato: ricorda Anis Amri, il terrorista di Berlino del 2016, anch’egli sbarcato a Lampedusa anni prima.
Processo al terrorista della basilica di Nizza, il tunisino 25enne Brahim Aouissaoui sbarcato in Italia due mesi prima, il quale ha sgozzato 2 donne e il sagrestano
“Non sono un terrorista, sono un musulmano… Tagliare la testa è un simbolo, un messaggio per dire che c'è… pic.twitter.com/c1jLiib6W8
— Francesca Totolo (@fratotolo2) February 24, 2025
Chi è responsabile di questo disastro? Non si può puntare il dito solo sull’attentatore. Il governo italiano di allora, guidato da Giuseppe Conte e con Luciana Lamorgese al Ministero dell’Interno, ha permesso che un soggetto come Aouissaoui entrasse, fosse ospitato in un centro di accoglienza e poi rilasciato senza alcun monitoraggio. Le autorità tunisine non lo avevano segnalato come radicalizzato, ma il punto non è questo: in un contesto di flussi migratori fuori controllo, con migliaia di arrivi ogni mese sulle coste italiane, è impossibile distinguere tra chi cerca davvero una nuova vita e chi porta con sé odio e violenza. La colpa ricade su chi ha scelto di aprire le porte indiscriminatamente, ignorando i rischi per la sicurezza nazionale ed europea.
Le parole di Aouissaoui in tribunale sono un monito: l’immigrazione islamica incontrollata non è solo una questione umanitaria, ma una bomba a orologeria che minaccia la nostra civiltà. La sua freddezza nel descrivere la decapitazione come un “simbolo” e uno strumento per “spaventare” rivela una mentalità che non può essere integrata in una società democratica. Eppure, il governo italiano di allora non solo ha fallito nel prevenire la tragedia, ma ha indirettamente facilitato il suo viaggio verso Nizza. L’allora premier Conte dovrebbe rispondere di questa leggerezza: arrestato e processato per aver messo a repentaglio la vita dei cittadini italiani ed europei con politiche migratorie scellerate.
È tempo di dire basta. Gli sbarchi devono essere fermati, i confini sigillati e i rimpatri resi rapidi ed effettivi. Lampedusa non può continuare a essere la porta d’ingresso per chi, sotto la maschera del migrante, nasconde intenzioni omicide. Non si tratta di xenofobia, ma di sopravvivenza: ogni barcone che approda rappresenta un rischio inaccettabile. Il caso Aouissaoui è la prova che l’accoglienza indiscriminata non è solidarietà, ma complicità con chi vuole distruggerci. Sveglia, Italia: il prezzo del buonismo lo paghiamo col sangue.
E noi ti picchieremo a colpi di salumi così morirai urlando dal terrore, baluba del cazzo…