Don Alì, il capo dell’esercito maranza che vuole saccheggiare l’Italia: “Comando io”

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By V febbraio 28, 2025 17:58

Don Alì, il capo dell’esercito maranza che vuole saccheggiare l’Italia: “Comando io”

Se non li cacciamo, se non azzeriamo l’immigrazione islamica regolare, questi saranno i futuri capi di piccoli emirati criminali. Se le città del nord diverranno come stanno diventando a maggioranza islamica, saranno come piccole Gaza nel nostro territorio. E saranno personaggi come questo a comandare eserciti di maranza pronti a saccheggiare.

Don Alì e i Maranza: l’Italia deve dire basta, espelliamoli tutti iniziando da lui

Napoli, 28 febbraio 2025 – L’Italia è sotto attacco, e il nemico non viene da fuori: è già qui, nato e cresciuto tra noi, ma senza alcun rispetto per la nostra terra. Don Alì, 24enne marocchino residente a Torino, è l’emblema di questa vergogna: un immigrato di seconda generazione che si fa chiamare “capo dei Maranza” e che ora minaccia di portare il caos a Napoli, dopo aver contribuito a devastare le città del Nord. Le sue parole, vomitate su TikTok come un veleno, sono un insulto a tutti noi: “Sud preparati, sarà guerra. Faremo un macello”. E noi dovremmo stare a guardare? No, è ora di agire: espelliamo Don Alì subito, e con lui tutti i “maranza” che infestano il nostro Paese. Sia l’inizio di un rimpatrio di massa, per riprenderci l’Italia.

Don Alì: un provocatore senza vergogna
Chi è Don Alì? Un nessuno che si è fatto strada a forza di provocazioni, un parassita che vive della nostra pazienza e del nostro lassismo. Nato in Marocco, cresciuto a Barriera di Milano, questo sedicente streamer passa le giornate a incitare i suoi seguaci – giovani nordafricani come lui – a sfidare l’Italia. “Tutti con il Frecciarossa senza biglietto, prima Roma, poi Napoli e Sicilia… Vi faremo vedere la vita reale”, dice nei suoi video, con un ghigno che sa di disprezzo. E non è la prima volta: “Se salite al Nord vi scippiamo ‘o telefonin’”, ha gridato in passato, vantandosi di scippi, risse e vandalismi. Questo non è un gioco, è un atto di guerra contro di noi.

Eppure, Don Alì non è solo. È il volto di un esercito di immigrati di seconda generazione, i “maranza”, che hanno trasformato le nostre periferie in zone franche dove la legge non esiste. Torino, Milano, Bologna: città ferite da baby gang che bruciano cassonetti, aggrediscono passanti e ostentano coltelli come trofei. Ora vogliono Napoli, con la scusa della partita del 1° marzo contro l’Inter, per completare la loro conquista. Ma l’Italia non è il loro parco giochi, e noi non siamo i loro ostaggi.

Immigrati di seconda generazione: un fallimento totale
Non giriamoci intorno: gli immigrati di seconda generazione come Don Alì sono la prova vivente che l’integrazione è un’utopia fallita. Nati qui, educati nelle nostre scuole, hanno avuto ogni opportunità per diventare italiani. E invece? Ci sputano in faccia. Non parlano la nostra lingua per rispetto, ma per insultarci meglio; non abbracciano i nostri valori, ma li calpestano con arroganza. Tute firmate, catene al collo, trap che glorifica la violenza: questa è la loro “cultura”, un mix tossico che non ha nulla a che fare con l’Italia. E Don Alì è il loro profeta, un agitatore che usa i social per organizzare la loro ribellione.
Non è razzismo, è realtà: questi giovani non ci appartengono e non ci vogliono appartenere. Sono stranieri in casa nostra, e ogni giorno lo dimostrano con atti di sfida e delinquenza. Le periferie del Nord sono già loro; ora puntano al Sud, con proclami da gangster che farebbero ridere, se non fossero così pericolosi. E noi? Continuiamo a tollerare, a giustificare, a sperare in un’integrazione che non arriverà mai. Basta illusioni: questa gente non cambierà, e l’Italia non può più permettersi di essere il loro campo di battaglia.
Espulsione di Don Alì e rimpatrio di massa: è l’unica strada
L’Italia ha un solo modo per salvarsi: agire, e agire ora. Don Alì deve essere il primo a pagare. Non importa che sia nato qui: ha scelto di essere un nemico dell’Italia, e come tale va trattato. Espelliamolo subito, rimandiamolo in Marocco con un biglietto di sola andata. Non è solo una punizione, è un segnale: chiunque minacci la nostra sicurezza e la nostra pace non ha posto qui. E dopo di lui, tutti i “maranza” che lo seguono, che devastano le nostre città, che ci guardano con odio. Rimpatrio di massa, senza eccezioni: chi delinque, chi provoca, chi non si integra deve andarsene.
Abbiamo un esercito, abbiamo leggi, abbiamo il diritto di difenderci. Non servono i vertici europei o le chiacchiere di Bruxelles: l’Italia può farlo da sola. Identifichiamo questi soggetti, chiudiamoli in centri di detenzione e rispediamoli nei Paesi d’origine dei loro genitori. È una questione di sopravvivenza nazionale. Don Alì e i suoi “soldati” pensano che l’Italia sia loro? Si sbagliano: l’Italia è nostra, e li cacceremo uno per uno, a partire dal loro “capo”. È ora di finirla con il buonismo e riprendere il controllo del nostro futuro.

Don Alì, il capo dell’esercito maranza che vuole saccheggiare l’Italia: “Comando io” ultima modifica: 2025-02-28T17:58:29+00:00 da V
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