Meloni scimmiotta la Boldrini, arriva il reato di ‘femminicidio’
Related Articles
Meloni è lontana anni luce dalla potenza culturale di Trump. Lui sa che per abbattere il sistema woke devi innanzitutto sconfiggerlo culturalmente. Non scimmiottarlo.
L’Italia ostaggio di un governo che tradisce: dall’emergenza immigrazione al feticcio del “femminicidio”
Mentre l’Italia affonda sotto il peso di un’immigrazione incontrollata e dei crimini che ne derivano, il governo Meloni, eletto con la promessa di arginare l’“invasione” e riportare ordine, sembra aver smarrito la bussola. Invece di affrontare la vera emergenza che scuote il Paese – quella di un tessuto sociale lacerato da violenze, spaccio e degrado spesso legati a flussi migratori fuori controllo – l’esecutivo si piega a un’agenda mediatica che scimmiotta la sinistra, puntando i riflettori su un tema numericamente inesistente come il “femminicidio”. Un’operazione che non solo distrae dai problemi reali, ma crea nuove discriminazioni, trasformando il maschio italiano in una categoria di serie B, già gravata da un sistema penale che punisce con più severità chi osa sfiorare una minoranza protetta.
Il 7 marzo 2025, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a un disegno di legge che istituisce il “femminicidio” come reato autonomo, un provvedimento salutato dalla ministra Eugenia Roccella come un “mutamento culturale” e dal guardasigilli Carlo Nordio come una “svolta epocale”. Sette articoli che inaspriscono le pene, introducono l’ergastolo per chi uccide una donna “in quanto donna” e rafforzano le misure cautelari, obbligando persino a informare le vittime o i loro familiari quando il condannato accede a misure alternative alla detenzione. Un pacchetto che, a prima vista, potrebbe sembrare un passo avanti nella tutela delle donne. Ma a ben guardare, si rivela l’ennesimo specchietto per le allodole, un’operazione di facciata che ignora le vere priorità del Paese.
Un’emergenza gonfiata ad arte
Il “femminicidio” – termine che Roccella si vanta di aver portato nel codice penale – è una parola abusata, un feticcio mediatico che trasforma ogni omicidio di donna in un simbolo di oppressione patriarcale, anche quando le dinamiche sono ben più complesse. Certo, la violenza contro le donne esiste ed è un problema serio, ma i numeri – come ammesso dalla stessa ministra, che parla di una diminuzione “solo lieve” dei casi – non giustificano la narrazione di un’epidemia fuori controllo. Eppure, si sceglie di pompare risorse e attenzione su questo tema, mentre le periferie italiane sono ostaggio di bande straniere, gli stupri di gruppo riempiono le cronache e i cittadini vivono nel terrore. Dove sono le “svolte epocali” promesse contro questi fenomeni?
Il governo, che avrebbe dovuto blindare i confini e ristabilire la sicurezza, preferisce inseguire il consenso facile, quello delle piazze rumorose e dei talk show. E lo fa con una legge che, lungi dal risolvere i problemi, introduce nuove distorsioni. Se uccidi un nero, scatta l’aggravante per odio razziale; se uccidi una donna, ora c’è il “femminicidio” con l’ergastolo. E se sei un maschio italiano che commette un crimine contro un altro maschio italiano? Nessuna aggravante, nessuna etichetta, solo la pena base. Essere uomo, bianco e italiano diventa una sorta di colpa implicita, una “diminutio” che ti rende meno uguale davanti alla legge.
La beffa di un governo incoerente
L’ipocrisia è lampante. Questo esecutivo si era presentato come il baluardo della sovranità e dell’identità nazionale, ma si ritrova a fare il verso alla sinistra politically correct, quella che ama le categorie protette e le battaglie simboliche. Il ddl sul “femminicidio” non è altro che un’ulteriore concessione a un’ideologia che frammenta la società in vittime e carnefici, anziché puntare a un’uguaglianza reale. E mentre Nordio parla di “attenzione alle vittime”, ci si dimentica delle vittime di un sistema che lascia le frontiere spalancate e le strade in balia di chi non ha nulla da perdere.
La bozza del disegno di legge, con le sue misure draconiane – ergastolo per il “femminicidio”, aggravanti per violenza di genere, obblighi di comunicazione – sembra scritta più per placare l’opinione pubblica che per affrontare le radici del problema. Perché non si parla di prevenzione vera, di politiche migratorie efficaci, di un sistema giudiziario che punisca tutti i crimini con equità, senza creare reati ad hoc per questo o quel gruppo? La risposta è semplice: affrontare l’immigrazione e il degrado richiede coraggio, mentre cavalcare l’onda del “femminicidio” è comodo e indolore.
Una discriminazione al contrario
Il risultato è un Paese sempre più diviso, dove la legge non è uguale per tutti. Se sei un immigrato che commette un crimine, hai ONG e avvocati pronti a difenderti; se sei un italiano, rischi di essere bollato come mostro sessista o razzista, con pene sproporzionate rispetto al reato. Il maschio italiano, in particolare, diventa il capro espiatorio perfetto: non protetto da nessuna categoria speciale, non beneficiario di nessuna narrazione vittimistica, ma sempre pronto a essere giudicato con il massimo rigore.
L’Italia merita di meglio. Merita un governo che mantenga le promesse, che metta al primo posto la sicurezza di tutti i cittadini – uomini e donne, italiani e non – senza cedere al ricatto delle emergenze mediatiche. Il “femminicidio” potrà anche essere un reato autonomo, ma l’emergenza vera resta un’altra: quella di un Paese che sta perdendo se stesso, mentre chi lo guida si limita a cambiare le targhette sui problemi, senza mai risolverli.
è vero la Smelona mi sta deludendo, già due anni e mezzo fa, appena insediata, mi aspettavo subito provvedimenti ma la sua inutile rappresentante della zona in cui vivo e il di lei tirapiedi mi risposero…i conti si fanno alla fine…già, alla fine… però i danni arrivano subito. Ma non c’è alternativa, forse Salvini, ma Salvini è un guascone anche se gli va riconosciuto del coraggio e poi non ce la fa a tirarsi dietro tutti i voti di cui avremmo bisogno per una maggioranza stabile. Siamo nella pupù…