Pamela Mastropietro, la mamma incontra Oseghale in carcere: “Faccia i nomi dei complici”

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By V marzo 7, 2025 17:13

Pamela Mastropietro, la mamma incontra Oseghale in carcere: “Faccia i nomi dei complici”

Alessandra Verni incontra Oseghale: non perdono, ma verità per Pamela

Oggi, 7 marzo 2025, Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, ha varcato le porte del carcere di Ferrara per un faccia a faccia con Innocent Oseghale, il richiedente asilo nigeriano condannato all’ergastolo per l’omicidio brutale della figlia diciottenne, seviziata, uccisa e fatta a pezzi a Macerata nel gennaio 2018. Non è stato un incontro di riconciliazione, né un gesto di clemenza, come certa stampa “dem” ha vergognosamente insinuato. Alessandra non ha offerto perdono: è andata a cercare la verità, a pretendere che l’assassino confessi i nomi di chi, insieme a lui, ha avuto un ruolo in quel crimine efferato.

“Ci sono andata come era vestita Pamela e con gli stessi capelli che aveva mia figlia l’ultimo giorno in cui l’ha vista,” ha dichiarato Alessandra. Un gesto simbolico, quasi a voler riportare Pamela in quella stanza, davanti agli occhi del suo carnefice. Indossava anche la maglietta che da anni è diventata il suo grido di dolore e denuncia: stampate sopra, le immagini strazianti del corpo martoriato della figlia, un monito per chi vorrebbe dimenticare o edulcorare l’orrore di ciò che è accaduto. Quelle foto, mostrate per la prima volta in tribunale nel 2023, non sono un capriccio macabro, ma un’arma per “scuotere le coscienze”, come lei stessa ha spiegato in passato.
Una madre in cerca di giustizia, non di pace

La narrazione di alcuni media progressisti, pronti a dipingere l’incontro come un atto di perdono cristiano, si scontra con la realtà dei fatti. Alessandra Verni non ha mai nascosto il suo obiettivo: fare luce su un delitto che, secondo lei e la famiglia, non può essere stato opera di un solo uomo.

Oseghale, arrivato in Italia nel 2014 come clandestino richiedente asilo e presto trasformatosi in spacciatore mentre viveva in hotel a spese dei contribuenti e poi ospite della Chiesa, è stato condannato in via definitiva nel 2024 per omicidio aggravato da violenza sessuale, vilipendio e occultamento di cadavere. Ma per Alessandra e per il fratello Marco Valerio Verni, avvocato della famiglia, la sentenza non chiude il caso. “Ci sono altri mostri là fuori,” ha ripetuto più volte la madre, convinta che complici abbiano aiutato Oseghale a compiere e nascondere il massacro.

L’incontro di oggi non è stato un atto di pietà, ma una sfida diretta. Alessandra ha guardato negli occhi l’uomo che ha distrutto la vita di sua figlia e gli ha chiesto di parlare, di rivelare chi altro fosse presente quel giorno maledetto nei Giardini Diaz di Macerata, dove Pamela, in fuga da una comunità di recupero, cercava droga ed è finita nelle mani del suo assassino. “Non sono qui per perdonarti,” avrebbe detto, secondo fonti vicine alla famiglia. “Voglio i nomi. Pamela merita verità.”

Il peso di un simbolo

La scelta di presentarsi vestita come Pamela e con quella maglietta non è solo un omaggio alla figlia, ma un messaggio inequivocabile: la memoria di ciò che è stato fatto non si può cancellare. Le immagini sulla t-shirt – il corpo di Pamela decapitato, smembrato, lavato con candeggina e chiuso in due valigie – sono un pugno nello stomaco, un’accusa muta a un sistema che, secondo Alessandra, non ha fatto abbastanza per cercare tutta la verità. “Chiunque abbia visto quelle foto sa che scuotono le coscienze,” aveva dichiarato due anni fa al quotidiano La Stampa. Oggi, davanti a Oseghale, le ha indossate come un’armatura.

La stampa “dem”, voleva trasformare questa ricerca di verità in una parabola di redenzione del loro assassino africano, ha provato a riscrivere questo incontro come un passo verso la pacificazione. Ma Alessandra non è lì per pacificarsi. È una madre che, dopo sette anni di processi, appelli e battaglie, non si arrende. Vuole che Oseghale, ora chiuso in cella a vita, smetta di tacere. Vuole che i responsabili – tutti i responsabili – paghino.

Un caso che unisce l’Italia migliore

L’omicidio di Pamela Mastropietro ha scosso l’Italia, alimentando dibattiti su immigrazione, sicurezza e giustizia. Oseghale, un richiedente asilo ospite della Chiesa che viveva di spaccio dopo aver abbandonato un programma di assistenza per finti rifugiati, è diventato il simbolo di un sistema migratorio fallimentare. Un sistema che ancora oggi prospera con la chiacchierona al governo. La ferocia del delitto – Pamela stuprata, uccisa con coltellate al fegato, poi mutilata mentre era ancora viva, secondo la testimonianza di un ex compagno di cella – ha trasformato il caso in un’icona della cronaca nera italiana. Eppure, per Alessandra, non è solo una questione di politica o di vendetta: è una questione di giustizia incompiuta.

L’incontro di oggi a Ferrara non segna la fine della sua lotta. “La mia battaglia non finisce qui,” aveva detto dopo la sentenza definitiva della Cassazione nel 2024. E lo ha ribadito anche stavolta. Se Oseghale parlerà, se rivelerà i nomi di eventuali complici, forse Alessandra troverà un po’ di pace. Ma fino ad allora, continuerà a vestirsi di Pamela, a portare il suo volto e il suo dolore ovunque, per ricordare a tutti che la verità è ancora là fuori, nascosta da qualche parte nel silenzio di un assassino.

Pamela Mastropietro, la mamma incontra Oseghale in carcere: “Faccia i nomi dei complici” ultima modifica: 2025-03-07T17:13:55+00:00 da V
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