Treccani woke, vuole eliminare i termini ‘discriminatori’ dalla Costituzione
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I Soloni Woke della Treccani: Ora Vogliono “Pulire” la Costituzione dai Fantasmi del Linguaggio – Ma Non Fanno Ridere?
L’Istituto Treccani, un tempo baluardo della cultura italiana, si è trasformato nell’ultimo avamposto dei soloni woke, pronti a riscrivere la storia e la lingua con il loro zelo puritano. L’ultima trovata? Proporre di “ripulire” la Costituzione italiana da termini come “minorato” e “handicappato”, considerati ormai “discriminatori” e lesivi della dignità delle persone. Oh, povera Treccani, che caduta di stile! Ma davvero pensano che cambiare due parole su un documento scritto 77 anni fa salverà il mondo dalla discriminazione?
E in questa loro delirante trovata trovano sponda nel ministro degli handicappati. Lo scriviamo così, perché non c’è nulla di male nell’avere un handicap, non va nascosto. Se non ci vedo, sono cieco, non diversamente vedente. Perché siete terrorizzati dalle parole? Perché la verità vi spaventa.
Secondo l’Istituto, parole come quelle nell’articolo 38 della Costituzione – che garantiscono assistenza e previdenza ai “cittadini inabili al lavoro e ai minorati” – sarebbero un insulto ai tempi moderni. E il ministro per le Disabilità, con aria solenne, ha dichiarato: “I tempi sono maturi per modificare l’articolo 38 e allinearci a un linguaggio inclusivo.” Ma scusate, non è che invece di occuparci di eufemismi da salotto, potremmo concentrarci su scuole accessibili, lavoro per tutti e diritti concreti? No, troppo banale per i guru del politicamente corretto.
Immaginiamo la scena: un’assemblea di accademici con occhiali a specchio e magliette arcobaleno che si riunisce per riscrivere la Costituzione, eliminando ogni termine che possa offendere… chi, esattamente? Perché, diciamocelo, i “minorati” e gli “handicappati” di cui parla la Costituzione non sono fantasmi del passato, ma persone reali che meritano assistenza, non un lifting linguistico. E poi, chi decide cosa è “discriminatorio”? I woke della Treccani, con il loro manuale di buone maniere, o magari i cittadini che vivono queste realtà?
Non mancano le risate su X, dove utenti sarcastici hanno twittato: “Prossimo passo: cambiare ‘Repubblica’ con ‘Repubblichina Inclusiva’ per non offendere nessuno!”. E in effetti, l’idea che un istituto prestigioso come la Treccani si perda in queste crociate linguistiche, ignorando problemi reali, è tragicomica. Forse, invece di riscrivere la Costituzione, dovrebbero aggiornare il loro dizionario con un po’ di buon senso.
Il ministro per le Disabilità, con il suo entusiasmo da prima della classe, sembra ignorare che la Costituzione non è un manuale di woke etiquette, ma un pilastro giuridico che ha resistito per decenni proprio perché parla un linguaggio universale, non trendy. Modificare l’articolo 38 per sostituire “minorato” con “persona con disabilità” (come suggerisce Treccani) non cambierà la vita di nessuno, ma farà felici i puristi del linguaggio, che probabilmente si sentono eroi della giustizia sociale.
E allora, cari soloni della Treccani, perché non vi dedicate a qualcosa di utile? Magari un’enciclopedia sull’accessibilità reale, anziché una crociata contro parole che, sì, possono sembrare datate, ma non sono certo il cuore del problema. La discriminazione non si combatte con la censura linguistica, ma con azioni concrete. Ma forse questo è troppo terra-terra per i vostri salotti woke. Ridi, Italia, ma non troppo: questi sono i guardiani della nostra cultura. Che pena.
Ma che vadano affanculo e che si cerchino un lavoro non sovvenzionato dallo Stato…