Ronde anti-Maranza, ondata di supporto: “Facciamole in tutta Italia”
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Milano: ronde di “Articolo 52” contro la criminalità straniera, lo Stato latita e i cittadini si organizzano
Milano – Tra il dire e il fare c’è di mezzo un abisso, si sa, ma le reazioni degli utenti su Instagram al pestaggio di un presunto criminale nordafricano da parte di una ronda illegale organizzata dal gruppo “Articolo 52” – nome ispirato all’articolo della Costituzione che sancisce “la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino” – rivelano un malessere profondo e difficile da ignorare. L’episodio di giustizia civile, avvenuto nelle strade di Milano, ha scatenato un’ondata di commenti positivi ed entusiastici che mettono a nudo l’esasperazione di una città e una nazione lasciata sola.
Basta scorrere le migliaia di commenti sotto post che riportano la notizia per cogliere il polso della situazione: oltre due terzi degli utenti applaudono l’azione di “Articolo 52”. Frasi come “Bravi”, “Finalmente giustizia”, “Milano ai milanesi”, “Picchiarne uno per educarne cento”, “Hanno fatto bene”, “Eccellente” – non includendo qui i simpatici attacchi razzisti – dominano il dibattito. Solo una minoranza si oppone, invocando legalità e provvedimenti, ma la voce di chi approva è schiacciante. “Se voglio pestare un magrebino, lo faccio e me ne frego della legalità”, recita uno dei messaggi più diretti emersi dalle chat del gruppo, un viaggio in un paese che ha perso, giustamente, fiducia nelle istituzioni.
Il dito è puntato contro l’amministrazione di Giuseppe Sala, i magistrati e, soprattutto, uno Stato accusato di aver abbandonato i cittadini a un’ondata di criminalità sempre più straniera e incontrollata. “Dove lo Stato non arriva, il popolo si organizza”, scrive un utente, sintetizzando un sentimento diffuso. “Continuate a riempire le città di immigrati e a ignorare il degrado, e queste ronde saranno solo l’inizio”, aggiunge un altro. C’è chi va oltre: centinaia di commenti chiedono come unirsi ad “Articolo 52”, percepito quindi com un baluardo contro un nemico che le autorità non vogliono o non sanno affrontare.
Non è difficile leggere tra le righe un grido di insicurezza e abbandono. “La gente ha paura e reagisce così”, scrive una donna, mentre un altro utente, pur condannando la violenza, ammette: “Lo Stato ha lasciato marcire il problema della delinquenza straniera. Non c’è volontà di agire, solo chiacchiere e politiche di facciata. Se non tuteli i cittadini, questi si difendono da soli, nel bene e nel male”. È un’analisi che trova eco nell’articolo 52 della Costituzione, citato dal gruppo non a caso: la difesa della propria terra, delle proprie strade, diventa un dovere quando chi dovrebbe garantirla volta le spalle.
E così, tra giubbotti e coltelli, si forma una “falange” di cittadini che si dice pronta a riprendersi Milano e l’Italia, anche a costo di “pestare un magrebino”. I social hanno amplificato tutto questo: piattaforme come Instagram e Telegram offrono a gruppi di cittadini, un tempo sparsi e isolati, uno spazio libero per incontrarsi, discutere e organizzarsi. La tecnologia ha accorciato le distanze, trasformando l’esasperazione in azione. Ma la vera domanda resta: è questo il prezzo di uno Stato che, invece di proteggere, ha scelto di delegare ai cittadini la lotta contro un degrado che non vuole vedere? Forse “Articolo 52” non è la soluzione, ma è sicuramente il sintomo di un fallimento che pesa come un macigno.
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