“Lo dice l’islam”, immigrato stupra una donna e pesta il figlio di 10 anni
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“Lo Dice l’Islam”: Violenza Familiare a Roma, Urge il Blocco dell’Immigrazione Islamica Regolare
Un caso di cronaca nera scuote Roma e getta un’ombra inquietante sulla nostra società. Un immigrato musulmano di 50 anni, arrivato in Italia nel 2016 con la famiglia, è a processo per maltrattamenti e violenza sessuale. Le vittime? La moglie, una donna di 40 anni, e il figlio, oggi 17enne, ma abusato fin dall’età di 10 anni. La giustificazione dell’uomo per questa spirale di orrore? “Lo dice l’Islam”. Parole che raggelano e che devono farci riflettere sul pericolo che stiamo correndo.

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Secondo quanto riportato dal Corriere, la donna viveva un incubo quotidiano: pestata due volte a settimana, umiliata, segregata in casa con il divieto di uscire se non per la spesa o per accompagnare il figlio a scuola. Niente studio dell’italiano, niente libertà, solo botte e insulti. E non è tutto: sarebbe stata costretta a subire rapporti sessuali contro la sua volontà, un abuso che si aggiunge a un quadro già devastante. Il figlio, invece, veniva obbligato a estenuanti allenamenti di ginnastica artistica – di cui il padre è allenatore – e, se non soddisfaceva le aspettative, riceveva pugni e accuse come “Non sai fare nulla”. Persino con la scarlattina, il ragazzo è stato costretto a continuare.
La famiglia, affidata ai servizi sociali per difficoltà economiche, ha visto precipitare la situazione in un baratro di violenza. L’uomo, con la scusa della sua fede, ha trasformato la casa in una prigione, replicando un modello di oppressione che dovrebbe appartenere a un altro mondo, non al nostro. Eppure, è qui, tra noi, in una Roma che accoglie senza filtri e senza domande.
Questo non è un caso isolato. Ricordiamo l’egiziano che a Rimini ha accoltellato passanti “nel nome dell’Islam”, o i recenti episodi di violenza in Francia e nel Regno Unito. È un pattern che si ripete, un segnale che non possiamo più ignorare. Non possiamo permettere che simili atrocità si radichino in Italia sotto il pretesto della cultura o della religione.
È ora di dire basta. Chiediamo con urgenza il blocco totale dell’immigrazione islamica regolare in Italia. Non si tratta di discriminazione, ma di sopravvivenza: la nostra sicurezza, la nostra libertà e i nostri valori sono a rischio. Ogni giorno che passa senza interventi decisi ci avvicina a un punto di non ritorno. Questo processo a Roma non è solo un caso giudiziario: è un grido d’allarme per un Paese che deve svegliarsi, ora, prima che sia troppo tardi.
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