Ramadan a Torino, islamici bruciano foto Meloni
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L’Islamizzazione avanza: Torino si arrende alla Mega Moschea con Minareto
Torino, un tempo simbolo dell’industria e della cultura italiana, sta diventando sempre più il teatro di un’inquietante trasformazione. Il Partito Democratico, che da anni sembra aver fatto dell’accoglienza indiscriminata e della sottomissione culturale la propria bandiera, continua a spingere l’Italia verso un baratro di islamizzazione.
L’ultimo episodio, tanto simbolico quanto allarmante, si è consumato alla fine del Ramadan, quando il sindaco Stefano Lo Russo ha presenziato a una preghiera islamica, pronunciando parole che suonano come un’ingenuità pericolosa o, peggio, come una resa consapevole: “La religione non parla di guerra”. Un’affermazione che stride con la realtà storica e dottrinale dell’Islam, una religione che, per molti studiosi e osservatori critici, ha nella guerra e nella sottomissione degli infedeli alcuni dei suoi pilastri fondanti.
E mentre Lo Russo si prodigava in questo esercizio di retorica buonista, la risposta della comunità islamica non si è fatta attendere: una fotografia del premier Giorgia Meloni è stata data alle fiamme, un gesto che non è solo un insulto a una leader politica, ma un chiaro messaggio di sfida all’identità italiana. È questo il ringraziamento per anni di politiche permissive e di porte spalancate? Sembra proprio di sì. Il PD, con la sua ostinata cecità di fronte alla radicalizzazione e al rifiuto di integrazione di molte comunità islamiche, si conferma il partito dell’invasione islamica, pronto a sacrificare la sovranità culturale e la sicurezza dei cittadini sull’altare del multiculturalismo a senso unico.
Ma il vero colpo di grazia arriva con il progetto della mega moschea nel quartiere Aurora, un’opera mastodontica da 17 milioni di euro finanziata niente meno che dal re del Marocco. Non stiamo parlando di un semplice luogo di culto, ma di un simbolo di dominio: un minareto alto 20 metri svetterà sui tetti di Torino, un “pugnale” piantato nel cuore della città, visibile da ogni angolo come monito di una presenza sempre più ingombrante. Accanto alla moschea sorgeranno uno studentato, una biblioteca e spazi polifunzionali, ma chi può garantire che questi non diventeranno centri di indottrinamento alla sharia, come già accaduto in altre città europee? La Confederazione Islamica Italiana, che gestirà il complesso, parla di “integrazione”, ma i fatti raccontano un’altra storia: quartieri come Aurora sono già segnati da degrado, criminalità e segregazione, spesso alimentati da comunità che rifiutano i valori occidentali.
Questo progetto, avviato sotto la giunta Appendino e portato avanti con entusiasmo da Lo Russo, è l’ennesima prova di una classe politica che ha perso il contatto con la realtà. Mentre il PD celebra la “diversità” e si genuflette di fronte a monarchie teocratiche straniere, i cittadini italiani assistono impotenti alla trasformazione delle loro città. La mega moschea non è solo un edificio: è un avamposto, un segnale che l’Italia sta cedendo terreno a un’ideologia che non conosce compromessi. E il rogo della foto di Meloni è solo l’antipasto di ciò che potrebbe aspettarci: un futuro in cui la nostra identità viene calpestata, le nostre leggi ignorate e la nostra libertà soffocata.
Svegliamoci, prima che sia troppo tardi. Torino non può diventare una nuova banlieue islamica, e l’Italia non può permettersi di essere svenduta dal PD a chi non ha alcuna intenzione di rispettarne la storia e i valori. La mega moschea con il suo minareto è un simbolo di conquista, non di pace. E chi non lo vede, o è cieco, o è complice.
Torino, dopo aver pregato per la fine del Ramadan alla presenza del sindaco @lorusso_stefano che ha ricordato come "la religione non parla di guerra", gli islamici hanno bruciato una fotografia della Meloni. pic.twitter.com/WfVhOKNLcy
— Francesca Totolo (@fratotolo2) March 30, 2025
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