Boss dei maranza minaccia le ronde di Articolo 52: “Attenti ai vostri figli” – VIDEO
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Don Alì e i maranza: la feccia di seconda generazione che vuole distruggere l’Italia
Il boss dei maranza, Don Alì, ha alzato il tiro. Non gli basta più incitare i suoi seguaci a scippare, vandalizzare e seminare il caos nelle nostre città. Ora minaccia le ronde di Articolo 52, ventilando di uccidere i loro figli con la spavalderia di chi si crede intoccabile. “Vi faremo vedere la vita reale”, sbraita nei suoi video, ghignando come un avvoltoio che ha fiutato la carogna. E la carogna siamo noi: un’Italia stanca, umiliata, ridotta a ostaggio di un parassita nato in Marocco e cresciuto a Barriera di Milano, che si è autoproclamato “re” delle periferie. Ma chi è davvero Don Alì? Un nessuno, un rifiuto umano che si è fatto strada a suon di provocazioni, un verme che si nutre della nostra pazienza e del nostro lassismo.
Questo sedicente streamer passa le giornate a vomitare odio sui social, arruolando un esercito di giovani nordafricani come lui – i “maranza” – per sfidare l’Italia in una guerra non dichiarata.
Un esercito di parassiti nelle nostre città
Don Alì non è un caso isolato. È il simbolo di un’invasione silenziosa che ci sta soffocando: gli immigrati di seconda generazione, i “maranza”, che hanno trasformato le periferie di Torino, Milano e Bologna in cloache senza legge. Baby gang che aggrediscono anziani, sfregiano passanti, brandiscono coltelli come medaglie al valore. Tute firmate, catene d’oro al collo, trap che esalta sangue e violenza: questa è la loro identità, un’accozzaglia di schifo che non ha nulla di italiano. Sono nati qui, hanno succhiato il latte delle nostre scuole, delle nostre tasse, delle nostre opportunità. E come ci ripagano? Con il disprezzo, con l’arroganza, con la delinquenza. Non sono italiani, non lo saranno mai: sono stranieri in casa nostra, e ogni giorno ce lo sbattono in faccia.
Non è razzismo, è un dato di fatto: l’integrazione è morta e sepolta, e questi rifiuti umani ne sono la prova. Ci parlano in italiano solo per insultarci meglio, calpestano i nostri valori come se fossero spazzatura. Le periferie del Nord sono già loro, ridotte a zone di guerra dove la polizia entra col giubbotto antiproiettile e i cittadini si chiudono in casa. E noi? Restiamo a guardare, paralizzati dal buonismo, intrappolati in un’illusione che ci sta costando cara. Basta: questi non cambieranno mai, e l’Italia non può più essere il loro punching ball.
Espulsione e rimpatrio: l’Italia si deve svegliare
C’è una sola soluzione, e non ammette compromessi: Don Alì deve sparire. Non importa se è nato qui, se ha un pezzo di carta che lo chiama “cittadino”. Ha scelto di essere un nemico, un cancro che infetta la nostra terra, e come tale va estirpato. Espulsione immediata, un calcio in culo e un biglietto di sola andata per il Marocco. Non è solo giustizia, è un messaggio chiaro: chi minaccia la nostra sicurezza, chi ci dichiara guerra, non ha diritto di respirare la nostra aria. E con lui, tutti i suoi “soldati” maranza, questi teppisti che devastano le nostre città e ci guardano con odio. Rimpatrio di massa, senza pietà: chi delinque, chi provoca, chi rifiuta di integrarsi deve tornarsene da dove viene la sua stirpe.
Abbiamo leggi, abbiamo un esercito, abbiamo il sacrosanto diritto di difenderci. Non servono i salotti di Bruxelles o le prediche dei radical chic: l’Italia può farcela da sola. Identifichiamo questi parassiti, sbattiamoli in centri di detenzione e rispediamoli nei buchi da cui sono usciti i loro genitori. È una questione di vita o di morte per la nostra nazione. Don Alì e la sua marmaglia pensano che l’Italia sia il loro giocattolo? Si sbagliano di grosso. Questo Paese è nostro, e li schiacceremo come scarafaggi, a partire dal loro “boss”. È ora di smettere di piangere e iniziare a combattere: riprendiamoci il nostro futuro, con le buone o con le cattive.
Il “discorso del re” con relativa minaccia a articolo 52 prendendosela con le loro famiglie da vigliacchi come sono questi maranza. Attento re chi più in alto sale più facilmente rischia di cadere.