“Ricreato un lupo estinto da 10mila anni”, l’annuncio del ‘metalupo’
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“Ricreato un lupo estinto da 10mila anni”: una copia genetica che solleva dilemmi etici
Un’azienda annuncia la nascita in laboratorio di copie genetiche di una specie estinta da oltre 10.000 anni, il “dire wolf” (metalupo o enocione), ma il risultato – non un originale riportato in vita, bensì una versione ricreata – apre un dibattito etico cruciale.
Colossal Biosciences, che si presenta come pioniera della “de-estinzione”, ha svelato Romolo e Remo, due cuccioli dal pelo bianco nati il 1° ottobre 2024, seguiti dalla sorella Khaleesi il 30 gennaio 2025. “Stai ascoltando il primo ululato di un ‘dire wolf’ in oltre 10mila anni”, proclama il post su X, con audio e immagini dei piccoli. Non si tratta, però, di una resurrezione: i lupi sono stati ricreati modificando geneticamente il DNA di lupi grigi, usando come modello un genoma di enocione ricostruito da fossili di 11.500 e 72.000 anni fa. “Un balzo per la scienza e la conservazione”, afferma l’azienda. Ma è davvero così?
L’esperimento: scienza al confine
Con la tecnologia CRISPR, gli scienziati di Colossal hanno alterato 14 geni del lupo grigio, introducendo 20 modifiche per ottenere tratti del dire wolf: mantello bianco, dimensioni maggiori, spalle possenti, testa larga, mascelle robuste e vocalizzazioni distintive. Il genoma di riferimento proviene da un dente di 13.000 anni fa (Ohio) e un osso di orecchio di 72.000 anni fa (Idaho). Non è clonazione – nessun DNA fossile è stato usato direttamente – ma una riscrittura genetica: cellule di lupo grigio sono state modificate e trasferite in ovuli, poi impiantate in madri surrogate canine. Da 45 embrioni sono nati i tre cuccioli, ospitati in una riserva privata nel Nord degli Stati Uniti.
Il dilemma etico: progresso o hybris?
L’impresa di Colossal è stata accolta con stupore, ma anche con critiche. Ricreare una versione di una specie estinta solleva interrogativi profondi. È giusto “giocare a fare Dio”, manipolando la natura per riportare in vita qualcosa che si è evoluto fuori dall’ecosistema moderno? Beth Shapiro, responsabile scientifica dell’azienda, difende il progetto: “Non resuscitiamo specie, creiamo copie funzionali per la scienza e la conservazione”. L’obiettivo dichiarato è sviluppare tecniche per salvare specie a rischio, come il lupo rosso, ma molti esperti dissentono.
Primo, l’impatto ecologico: introdurre (anche solo in cattività) un animale geneticamente modificato potrebbe alterare equilibri naturali, se mai sfuggisse o fosse rilasciato. Secondo, le risorse: i fondi spesi per “de-estinguere” specie scomparse potrebbero essere destinati a proteggere quelle ancora vive ma minacciate. Terzo, il benessere animale: Romolo, Remo e Khaleesi, condannati alla cattività, sono esseri viventi creati per uno scopo umano, non per un’esistenza autonoma. È etico generare vite come esperimenti scientifici?
Inoltre, c’è chi vede un rischio di commercializzazione: se Colossal riuscisse a perfezionare la tecnica – già in cantiere per mammut e altre specie – si potrebbe aprire un mercato di “animali su misura”, lontanissimo dagli ideali di conservazione. Il New York Times titola con cautela: “Gli scienziati riportano in vita il metalupo, o qualcosa di simile”, sottolineando l’ambiguità tra progresso e artificio.
Un futuro in bilico
Colossal insiste che queste copie genetiche siano un passo verso la tutela della biodiversità, ma il confine tra scienza e hybris resta labile. I cuccioli, celebrati come icone, vivono sotto i riflettori in una struttura segreta di 2.000 acri, mentre l’azienda pianifica nuove sfide. La domanda resta: ricreare il passato è davvero un dono per il futuro, o un esperimento che sfida i limiti etici dell’umanità?
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