L’unica italiana in classe: “Mia figlia discriminata dai figli degli immigrati”
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Cittadinanza agli immigrati? No, grazie: l’integrazione distrugge il futuro dei nostri figli

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L’Italia sta diventando un Paese dove essere italiani è un’eccezione, e le storie come quella raccontata a Rai3 da una mamma disperata lo dimostrano. Sua figlia, unica italiana in una classe di 18 figli di immigrati – rumeni, marocchini, turchi, filippini, cinesi, portoricani – è stata emarginata, esclusa, ghettizzata. “Erano tutti di razze diverse,” racconta la madre, “e lei, l’unica italiana, veniva esclusa dagli altri bambini. Doveva integrarsi lei, in Italia!” Una situazione assurda, che ribalta ogni logica: in casa nostra, sono i nostri figli a doversi adattare a chi arriva da fuori. E ora, con il referendum sulla cittadinanza facile dell’8-9 giugno 2025, si vuole regalare il passaporto a milioni di immigrati, condannando i nostri bambini a un futuro di isolamento e pericolo.
La mamma, con il cuore in mano, spiega il dramma: “Il mio problema non sono i bambini, perché tutti i bambini sono uguali. Il problema sono i genitori e come li educano.” Sua figlia invitava i compagni a casa per fare i compiti, ma riceveva solo “no” continui: “Non era della loro stessa religione.” Essere cattolica, in Italia, è diventato un ostacolo per una bambina che vuole giocare con i compagni. Alla fine, gli unici amici che poteva avere erano quelli del catechismo. “Era ghettizzata?” chiede la conduttrice. “Esatto,” risponde la madre. E poteva capitarle di peggio. Molto peggio.
Pensiamo a Rotherham, Inghilterra, dove tra il 1997 e il 2013 oltre 1.400 bambine, spesso bianche e fragili, sono state stuprate da bande di immigrati pakistani. Uno degli aguzzini, Sageer Hussain, si vantava di essere un “islamico razzista” e diceva alle sue vittime, alcune di appena 13 anni, che “tutte le ragazze bianche sono buone per il sesso e sono puttane.” La polizia e i servizi sociali inglesi, per paura di essere accusati di razzismo, hanno chiuso gli occhi, lasciando che il terrore dilagasse. Una delle vittime, che aveva denunciato gli abusi a 12 anni, non è stata creduta, e i suoi vestiti, prova delle violenze, sono stati “persi” dalla South Yorkshire Police. Questo è il prezzo dell’integrazione forzata: un crimine contro il futuro.
Anche i bambini sono un problema. Perché poi crescono. Come Jihadi John, il boia dell’ISIS, cresciuto in un quartiere multietnico di Londra. E ha ragione. I bambini di oggi sono gli adulti di domani, e se crescono in un contesto che li educa al rifiuto della nostra cultura, i risultati sono devastanti. Le nostre scuole, come quella della bambina italiana, sono già laboratori di disintegrazione: classi dove gli italiani sono minoranza, dove i nostri figli sono costretti a vivere da estranei nella loro terra. Dare la cittadinanza a queste famiglie significa legittimare un’invasione che ci sta cancellando.
Il referendum sulla cittadinanza facile, che vuole ridurre da 10 a 5 anni la residenza necessaria per diventare italiani, è un colpo mortale alla nostra identità. Non possiamo permettere che milioni di persone ostili ai nostri valori, diventino cittadini solo perché vivono qui. L’integrazione non funziona: crea ghetti, esclusione, violenza. La bambina italiana emarginata a scuola è solo l’inizio; le vittime di Rotherham sono il futuro che ci aspetta se non fermiamo questa follia. L’integrazione è un crimine contro i nostri figli, contro il loro diritto a crescere in un Paese che sia davvero loro. Diciamo no alla cittadinanza facile: asteniamoci al referendum, facciamo fallire il quorum, salviamo l’Italia prima che sia troppo tardi.
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