Immigrato va a prendere la cittadinanza italiana ma non sa leggere il giuramento
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No alla cittadinanza agli immigrati: il caso Pescate dimostra che serve lo ius sanguinis integrale
Un episodio simbolico, accaduto il 29 maggio 2025 a Pescate, in provincia di Lecco, smaschera l’assurdità delle attuali leggi sulla cittadinanza e l’urgenza di tornare a uno ius sanguinis integrale. Un kosovaro di 45 anni, residente in Italia da un decennio, si è presentato in municipio per ricevere la cittadinanza italiana. Aveva i documenti in regola, un lavoro, un certificato B1 di lingua italiana. Sembrava tutto pronto per il giuramento: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato”. Ma, come riporta Il Giorno, l’uomo non è riuscito a leggerlo. Nemmeno con l’aiuto di moglie e figli. “Parla solo con familiari e colleghi kosovari, non ha occasione di parlare italiano,” si sono giustificati i parenti. Il sindaco Dante De Capitani, noto per la sua fermezza, ha preso una decisione drastica: niente cittadinanza. E ha ragione.
“Mi spiace, è una brava persona, un gran lavoratore, umile e rispettoso,” ha dichiarato De Capitani, “ma mancano le condizioni. Non era timido o spaventato: semplicemente non sa parlare né leggere l’italiano.” Questo caso non è un’eccezione, è la norma di un sistema fallimentare. Un uomo che vive in Italia da 10 anni, che ha un certificato linguistico, non è in grado di pronunciare una frase nella nostra lingua perché vive in una bolla etnica, circondato solo da connazionali. E noi dovremmo farlo italiano? È questa l’integrazione che ci propinano? È questo il modello che il PD vuole accelerare con il referendum dell’8-9 giugno 2025, riducendo a 5 anni il tempo necessario per la cittadinanza?

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La vicenda di Pescate dimostra una verità scomoda: le leggi attuali, che concedono la cittadinanza dopo 10 anni di residenza, sono già troppo permissive. Dare la cittadinanza a chi non parla la lingua, non conosce la cultura e vive in un ghetto culturale non è integrazione, è un tradimento dell’italianità. Il kosovaro in questione potrà ripresentarsi quando sarà più preparato, ma il punto non è questo: il punto è che non dovrebbe nemmeno avere questa possibilità. La cittadinanza non è un premio di consolazione per chi vive qui, è un legame di sangue, storia e identità. Ecco perché serve tornare allo ius sanguinis integrale: italiano è chi nasce da genitori italiani, punto. Niente scorciatoie, niente “cittadinanza facile”.
Il referendum voluto dalla sinistra, che vuole dimezzare i tempi di residenza, è un attacco diretto alla nostra sovranità. Già oggi, con 10 anni, vediamo casi come quello di Pescate: figuriamoci con 5 anni, quando milioni di immigrati – spesso non integrati, spesso ostili ai nostri valori – potrebbero diventare italiani sulla carta, senza mai diventarlo nell’anima.
Noi diciamo no: la cittadinanza non deve essere concessa mai a chi non ha radici italiane. Non è una questione di razzismo, ma di sopravvivenza culturale. L’Italia non è un pezzo di carta da regalare a chi non la capisce né la rispetta. Basta con queste follie: aboliamo le leggi permissive, torniamo allo ius sanguinis integrale, e difendiamo la nostra identità prima che sia troppo tardi. Pescate è un monito: ascoltiamolo.
Presuppongo, non vorrei sbagliarmi ma il sindaco credo sia di destra, se fosse stato un pidiota avrebbe concesso ugualmente la cittadinanza.
i certificati linguistici si comprano sulle bancarelle dai vu compra’ negri pure loro , ma vaffanculo a sto governo di merda e di coglioni parassiti
Ero fermo ancora a “bambino va mercato comprari cocumella” per accontentare la juventus.
Ma allora tutti gli immigrati che si sforzano di parlare la lingua del luogo invece del dialetto d’origine sono degli stupidi?
NB: sarò forcaiolo ma sono corretto, perseguo solo chi prova a prendermi per il culo, non la gente per bene…