Toghe si accaniscono contro Stasi: via la semilibertà mentre liberano i clandestini
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La Procura generale di Milano ha toccato un nuovo fondo nella sua crociata contro la giustizia e la libertà individuale: ha presentato ricorso in Cassazione per revocare la semilibertà ad Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, solo perché ha rilasciato un’intervista a Le Iene. È l’ennesimo esempio di come le toghe rosse usino il loro potere per perseguitare i cittadini: anche quelli condannati senza prove.
Calpestando i diritti fondamentali in nome di un moralismo ipocrita e di un sistema giudiziario che sembra più una dittatura che un pilastro della democrazia!
I fatti risalgono a pochi giorni fa, quando il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva concesso a Stasi, dopo 17 anni di carcere, la semilibertà: un provvedimento che gli avrebbe permesso di lavorare fuori dal carcere durante il giorno, tornando a dormire in cella la sera. Una misura che riconosceva il percorso di riabilitazione di Stasi, che in carcere ha sempre mantenuto una condotta esemplare, laureandosi e collaborando con le autorità. Ma tutto questo non è bastato alle toghe rosse della Procura generale: l’intervista a Le Iene, in cui Stasi ha ribadito la sua innocenza e raccontato la sua versione dei fatti sul caso Garlasco – un diritto sacrosanto di libertà di espressione – è stata usata come pretesto per chiedere la revoca del provvedimento. Durante l’intervista, Stasi aveva dichiarato: “Non ho ucciso Chiara, sono stato condannato senza prove concrete. Voglio solo ricostruire la mia vita”. Parole che, secondo la Procura, dimostrerebbero una “mancanza di ravvedimento” e giustificherebbero la sua permanenza in carcere.
Liberano veri stupratori clandestini, poi si accaniscono su un ex ragazzo condannato senza prove. Questo è un abuso di potere inaccettabile!
Le toghe rosse non vogliono giustizia, vogliono controllo: non sopportano che un uomo possa parlare e difendersi. È lo stesso atteggiamento che vediamo in altri casi: a Roma, la Cassazione ha bloccato il piano migranti in Albania, sottomettendosi alla Corte di Giustizia Europea; a Cesena, un nigeriano che ha ucciso un 58enne è ancora in libertà per cavilli procedurali; a Verona, un marocchino che ha accoltellato un uomo è stato liberato con obbligo di firma. Ma le toghe preferiscono perseguitare un italiano come Stasi invece di espellere criminali stranieri!
Il governo Meloni deve intervenire. Le toghe impongono la loro dittatura in ogni ambito della nostra società: condannano cittadini senza prove, liberano pericolosi criminali e impediscono di rimpatriare stupratori e clandestini.
Basta con i cavilli e le persecuzioni: se necessario, si riformi il sistema giudiziario con leggi che limitino il potere discrezionale dei magistrati e si introducano pene severe per chi abusa della toga. La semilibertà di Stasi deve essere ripristinata, e le toghe rosse devono essere messe al loro posto. L’Italia merita una giustizia equa, non una dittatura giudiziaria che calpesta i diritti dei cittadini e protegge i veri criminali. È ora di dire basta: riprendiamoci la nostra democrazia, ora!
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