Bambina stuprata dai migranti, scatta la rivolta: incendiate case immigrati
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Ballymena, il grido di dolore di un popolo esasperato: case di stranieri in fiamme
La notte del 9 giugno 2025, Ballymena, una tranquilla cittadina dell’Irlanda del Nord, è esplosa in un’ondata di rabbia e disperazione. Centinaia di residenti si sono radunati a Clonavon Terrace, dove una bambina è stata vittima di un tentativo di violenza sessuale attribuito a due 14enni immigrati. La protesta, nata per solidarietà con la piccola e la sua famiglia, è degenerata: due case di stranieri sono state date alle fiamme, altre danneggiate, mentre molotov e oggetti volavano contro la polizia. Quindici agenti feriti, ma il vero ferito è il cuore di una comunità che non si sente più al sicuro. Questo non è odio cieco: è il grido di un popolo abbandonato.
Immaginate di vivere in una città di 30mila anime, dove i vostri figli giocano per strada e le porte restano aperte. Poi, una notizia vi scuote: una bambina, una di voi, è stata aggredita da due giovani stranieri. La polizia arresta i presunti colpevoli, ma la fiducia è spezzata. “I nostri bambini hanno dei diritti”, recitavano i cartelli a Ballymena, mentre le famiglie marciavano per chiedere giustizia. La rabbia è montata quando si è saputo che i due accusati, romeni secondo alcune voci, avevano richiesto un interprete, un dettaglio che ha alimentato il senso di estraneità. La folla, esasperata, ha perso il controllo: case di immigrati sono diventate il bersaglio di una furia che non è solo violenza, ma un urlo di impotenza contro un sistema che non protegge.
Non giustifichiamo le fiamme, ma comprendiamo il dolore. Ballymena non è nuova alla tensione: i Troubles hanno lasciato cicatrici profonde, e la Brexit ha riacceso divisioni. Ma qui non si tratta di lealisti contro repubblicani: è una comunità che si sente tradita. In Irlanda del Nord, come in tutta Europa, l’immigrazione incontrollata ha portato promesse di integrazione impossibile. In Italia, a Cremona, un tunisino di seconda generazione ha guidato un branco contro due ragazze. A Udine, immigrati coinvolti in una rissa mortale hanno ricevuto pene irrisorie. I dati sono chiari: gli stranieri, pur il 9% della popolazione, sono legati al 44% delle violenze in Italia, e il pattern si ripete altrove. Quando la giustizia fallisce e i governi ignorano, la gente si ribella.
I media parlano di “xenofobia”, ma a Ballymena non c’è odio per lo straniero: c’è paura per i propri figli. Kevin Rous, filippino la cui casa a Cullybackey è stata danneggiata, ha chiesto “Quali sono le mie colpe?”. Una domanda che merita risposta, ma che non cancella il dolore di chi ha perso la sicurezza. La polizia ha arrestato due 14enni, ma la folla sa che il sistema spesso rilascia, minimizza, dimentica. I rivoltosi di Ballymena non sono criminali: sono padri, madri, vicini che hanno detto “basta”. Chiediamo ai governi di ascoltare questo grido: più sicurezza, meno immigrazione incontrollata. Non servono condanne, ma soluzioni. Ballymena non vuole bruciare: vuole vivere in pace.
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