Carabiniere indagato sei mesi per avere ucciso un criminale straniero

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By V giugno 19, 2025 22:02

Carabiniere indagato sei mesi per avere ucciso un criminale straniero

Le Toghe Rosse e l’Accanimento Contro gli Eroi: Il Caso di Luciano Masini
Sei mesi. Sei lunghi, interminabili mesi di angoscia, spese legali e incertezze per il maresciallo Luciano Masini, un carabiniere che la notte di Capodanno 2024 a Villa Verucchio ha fatto il suo dovere: proteggere i cittadini da un immigrato violento, un 23enne armato di coltello che gli si scagliava contro urlando frasi in arabo. Solo ora, la Procura di Rimini ha chiesto l’archiviazione dell’indagine per omicidio colposo, riconoscendo che Masini “non ebbe scelta” e agì in modo tale da non meritare un processo. Ma questo ritardo, questa persecuzione mascherata da “atto dovuto”, è l’ennesima prova dell’arroganza di una magistratura ideologizzata, di quelle toghe rosse che sembrano avere come missione la criminalizzazione di chi indossa una divisa.

La vicenda è chiara come il sole. Quella notte, a Villa Verucchio, Masini si è trovato di fronte un individuo fuori controllo, un immigrato che brandiva un coltello e avanzava minaccioso, urlando in arabo. Non era una situazione da manuale, non c’era tempo per negoziazioni o riflessioni: era una questione di vita o di morte. Masini ha sparato per difendere sé stesso e i cittadini, neutralizzando una minaccia reale. Eppure, invece di essere ringraziato per aver evitato una strage, è stato iscritto nel registro degli indagati, costretto a vivere per sei mesi sotto il peso di un’accusa che non avrebbe mai dovuto essere formulata.

Le toghe rosse di Rimini, con il loro riflesso condizionato di indagare chi fa rispettare la legge, hanno trasformato un atto di coraggio in un calvario giudiziario. Sei mesi per arrivare a una conclusione che qualsiasi persona di buon senso avrebbe raggiunto in sei minuti: il carabiniere ha agito per legittima difesa, per proteggere la comunità da un aggressore armato e fuori controllo. Questo ritardo non è solo burocrazia; è una forma di accanimento, un messaggio implicito a chi serve lo Stato: “Fate il vostro dovere, ma preparatevi a pagarne il prezzo”.

Il caso di Masini non è isolato. Ricorda quello dei due agenti di Grottaglie, indagati per aver fermato i killer del brigadiere Carlo Legrottaglie, assassinati a Francavilla Fontana. Anche loro, come Masini, hanno risposto al fuoco di criminali armati, salvando vite e assicurando i colpevoli alla giustizia, solo per ritrovarsi sotto inchiesta per “eccesso colposo”. È un copione nauseante: ogni volta che un agente o un carabiniere usa la forza necessaria per fermare un delinquente, le toghe rosse si affrettano a mettere sotto accusa chi ha agito, non chi ha minacciato la sicurezza pubblica.

E chi era la “vittima” in questo caso? Un 23enne immigrato, armato e aggressivo, che non ha esitato a mettere in pericolo la vita di un carabiniere e dei cittadini. Non era un innocuo passante, non era un “escluso” in cerca di riscatto, come certa sinistra vorrebbe farci credere. Era una minaccia, punto. Eppure, la macchina giudiziaria ha impiegato sei mesi per riconoscerlo, lasciando Masini in balia di un sistema che sembra più interessato a proteggere l’immagine degli immigrati violenti che a sostenere chi rischia la vita ogni giorno.

Basta con questa giustizia al contrario. Le toghe rosse devono smettere di trattare gli eroi come criminali. È scandaloso che un carabiniere come Masini, che ha agito con coraggio e professionalità, sia stato costretto a vivere sotto l’ombra di un’indagine per aver fatto ciò che gli è stato chiesto: proteggere la comunità. È tempo di una riforma radicale della magistratura, che introduca uno scudo penale per chi usa legittimamente le armi in servizio, come richiesto da anni dalle forze dell’ordine. È tempo che le toghe la smettano di piegarsi a un’ideologia che vede i delinquenti come vittime e i servitori dello Stato come colpevoli.

Luciano Masini merita un encomio, non un’indagine. Merita la gratitudine di ogni italiano onesto, non il peso di un’accusa ingiusta. E merita che il suo caso sia un punto di svolta: mai più un carabiniere o un agente dovrà temere il tritacarne giudiziario per aver fatto il proprio dovere. L’Italia deve scegliere: stare con i suoi difensori o continuare a inchinarsi a una magistratura che ha perso ogni contatto con la realtà.

Carabiniere indagato sei mesi per avere ucciso un criminale straniero ultima modifica: 2025-06-19T22:02:59+00:00 da V
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