Bengalesi in Libia: altro che profughi, sono turisti dei barconi. Il Report di Medici senza frontiere

V
By V giugno 26, 2025 23:07

Bengalesi in Libia: altro che profughi, sono turisti dei barconi. Il Report di Medici senza frontiere

Bengalesi e company in Libia: altro che profughi, sono turisti dei barconi!

Medici Senza Frontiere ci prova ancora: con il loro ultimo rapporto “Disumani”, vogliono farci piangere sui migranti “torturati” in Libia, dipingendo un’Europa cattiva che stringe accordi con i “mostri”. Ma la verità è un’altra, e non serve un rapporto per capirla: questi clandestini non scappano da guerre, non sono libici, e in Libia ci vanno di loro spontanea volontà, sborsando migliaia di dollari per un biglietto verso l’Italia, con tanto di appuntamento fissato con le navi delle ONG, inclusa quella di MSF, che li aspetta al largo come un taxi del mare.

Prendiamo i protagonisti del rapporto: bengalesi, gambiani, ivoriani, camerunensi, nigeriani. Da quali conflitti scappano? Spoiler: nessuno. Il Bangladesh è in pace, il Gambia pure, e così via. Non un solo libico tra le “vittime” elencate da MSF. Eppure, questi signori, per lo più giovani tra i 18 e i 33 anni, decidono di investire una fortuna – migliaia di dollari, non spiccioli – per pagare i trafficanti e raggiungere la Libia, un Paese che sanno benissimo essere un caos totale. Perché? Semplice: la Libia è il trampolino per l’Italia, dove i barconi hanno un appuntamento fisso con le navi delle ONG, sempre pronte a “salvarli” e portarli a destinazione.

Il rapporto MSF ci bombarda di numeri drammatici: 160 sopravvissuti a “torture” assistiti a Palermo, 60% dei casi in Libia, percosse, privazioni, violenze sessuali. Ma chi li obbliga ad andare in Libia? Nessuno. È una scelta consapevole, un investimento calcolato. Pagano i trafficanti – che, guarda caso, nel 60,3% dei casi sono i “torturatori” secondo MSF – per attraversare deserti e frontiere, sapendo che dall’altra parte li aspetta il barcone. E il barcone non è un mistero: sanno che le navi delle ONG, come quella di MSF, sono lì, a poche miglia dalla costa, pronte a raccoglierli per il gran finale in Sicilia.

E qui sta il trucco: MSF si straccia le vesti per le “torture” in Libia, ma tace sul fatto che questo sistema è alimentato proprio dal loro operato. Le loro navi non sono una sorpresa per i migranti, sono parte del pacchetto. Un viaggio organizzato, con tanto di scafisti e “soccorritori” coordinati. E l’Italia? Viene dipinta come il cattivo che considera “sicuri” Paesi come Bangladesh o Tunisia, mentre MSF omette che nessuno di questi migranti è un profugo di guerra. Sono clandestini che scelgono la Libia come hub, non perché costretti, ma perché è la via più rapida per l’Europa, grazie al servizio navetta delle ONG.

A Palermo, MSF cura i “traumi” di questi avventurieri: ansia, depressione, cicatrici. Certo, attraversare il deserto e trattare con gli scafisti non è una passeggiata, ma chi gliel’ha chiesto? E perché non un rapporto sulle violenze commesse dai migranti una volta in Italia? Niente, silenzio. MSF preferisce puntare il dito sugli accordi italiani con la Libia, ignorando che senza le loro navi il traffico di clandestini sarebbe un affare molto meno redditizio. Pamela vi ringrazia di avere curato Oseghale.

La verità è che non c’è nessuna emergenza umanitaria, solo un business ben oliato. I clandestini non fuggono da guerre, ma inseguono il sogno europeo, pagando caro per un viaggio che sanno pericoloso. Le ONG, con MSF in prima linea, non sono salvatori, ma l’ultimo anello di una catena che lucra sulle loro speranze. Aspettiamo il prossimo rapporto, magari uno che ci racconti come i bengalesi abbiano “scelto” la Libia per turismo. Intanto, grazie MSF per il passaggio gratis.

Bengalesi in Libia: altro che profughi, sono turisti dei barconi. Il Report di Medici senza frontiere ultima modifica: 2025-06-26T23:07:23+00:00 da V
V
By V giugno 26, 2025 23:07
Write a comment

No Comments

No Comments Yet!

Let me tell You a sad story ! There are no comments yet, but You can be first one to comment this article.

Write a comment
View comments

Write a comment

Your e-mail address will not be published.
Required fields are marked*