Condannato il collega di Ramy, è stato lui ad ‘ucciderlo’

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By V giugno 26, 2025 16:51

Condannato il collega di Ramy, è stato lui ad ‘ucciderlo’

Poi, se c’è una giustizia, verrà condannato anche per la responsabilità nella morte del collega di crimini.






Fares Bouzidi, Ramy Elgaml e il Caos del Corvetto


Fares Bouzidi, Ramy Elgaml e il caos del Corvetto: la sinistra difende i criminali mentre Milano brucia

La tragica morte di Ramy Elgaml, 19enne egiziano, e la condanna di Fares Bouzidi, 22enne tunisino, a 2 anni e 8 mesi per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, sono solo la punta dell’iceberg di un problema ben più grande che affligge Milano, in particolare il quartiere Corvetto. La notte tra il 23 e il 24 novembre 2024, Bouzidi, senza patente e sotto l’effetto di THC, ha guidato uno scooter T-Max in una fuga spericolata dai carabinieri, causando la morte del suo complice Elgaml in un incidente all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. La sentenza, che include un risarcimento di 2.000 euro per ciascuno dei sei carabinieri costituiti parte civile, è un atto dovuto, ma non placa l’indignazione per ciò che è seguito: giorni di guerriglia urbana nel Corvetto, orchestrati da giovani immigrati di seconda generazione, che hanno trasformato il quartiere in una polveriera, con roghi, vandalismi e attacchi alle forze dell’ordine.

Bouzidi ed Elgaml non erano “vittime del sistema”, come certa sinistra vorrebbe far credere. Erano criminali con precedenti, dediti a un’esistenza al di fuori della legge: guida senza patente, uso di stupefacenti, possesso di oggetti sospetti (una collanina, contanti, un coltello e spray al peperoncino trovati su Bouzidi). La loro fuga, durata otto chilometri, con manovre contromano e semafori bruciati, non è stata un errore giovanile, ma una sfida deliberata all’autorità, che ha messo in pericolo vite innocenti. La perizia della Procura ha escluso ogni responsabilità dei carabinieri, confermando che l’incidente è stato causato dalla guida sconsiderata di Bouzidi. Eppure, la sinistra e i suoi megafoni mediatici hanno immediatamente abbracciato la narrativa del “razzismo istituzionale”, accusando le forze dell’ordine di “profilazione razziale” e trasformando due delinquenti in martiri.

Il vero scandalo, però, è ciò che è accaduto dopo. Il Corvetto, già noto per degrado, spaccio e occupazioni abusive, è esploso in una rivolta che ha ricordato le banlieue parigine. Centinaia di giovani, in gran parte immigrati di seconda generazione, hanno dato vita a una guerriglia urbana: cassonetti incendiati, un autobus della linea 93 devastato, lanci di bottiglie, petardi e bombe carta contro la polizia, che ha risposto con lacrimogeni per disperdere i facinorosi. Un 21enne montenegrino, irregolare e con precedenti, è stato arrestato, ma la maggior parte dei responsabili, spesso minorenni, è svanita nel nulla, protetta dall’omertà del quartiere. Questi non erano “ragazzi arrabbiati” in cerca di giustizia, ma bande organizzate, pronte a sfruttare la morte di Elgaml per sfogare una rabbia antisociale, alimentata da anni di fallimentare integrazione.

Gli immigrati di seconda generazione, come quelli che hanno messo a ferro e fuoco il Corvetto, rappresentano un pericolo crescente. Nati in Italia, ma spesso privi di cittadinanza e di un senso di appartenenza, si sentono esclusi dalla società e rispondono con violenza. Il Corvetto, con i suoi palazzoni popolari e la forte presenza di comunità nordafricane, è il simbolo di questo fallimento: un ghetto dove spaccio, criminalità e degrado prosperano, mentre le istituzioni chiudono un occhio. Le proteste per Elgaml, con striscioni che invocavano “verità e giustizia”, erano in realtà un pretesto per atti di teppismo. I manifestanti, mascherati e armati di petardi, hanno distrutto il quartiere, terrorizzando i residenti, molti dei quali, italiani e stranieri, chiedono più polizia e interventi decisi.

La sinistra, invece di affrontare il problema, ha scelto ancora una volta di difendere i criminali. Esponenti politici e collettivi come Rebelot hanno gridato all’“omicidio di Stato”, ignorando i fatti e alimentando le teorie del complotto. Persino dopo la pubblicazione di un video della dashcam, che conferma la dinamica dell’incidente, hanno continuato a puntare il dito contro i carabinieri, accusati di aver “speronato” lo scooter, una tesi smentita dalle indagini. Questa retorica non solo scredita le forze dell’ordine, ma giustifica la violenza di chi vede nelle divise un nemico da abbattere. Il sindaco Sala, che ha ammesso la mancanza di progetti di aggregazione nel Corvetto, si è limitato a promesse vaghe, mentre la sinistra milanese tace o, peggio, strizza l’occhio ai rivoltosi, parlando di “disagio giovanile” invece di criminalità.

Il Corvetto non è un caso isolato. Quartieri come San Siro, Quarto Oggiaro e Calvairate sono bombe a orologeria, dove la marginalità si mescola a una cultura di sfida alle regole. La morte di Elgaml ha acceso una miccia, ma il fuoco covava da tempo. La destra, da Salvini a La Russa, ha ragione a parlare di “emergenza nazionale” per le seconde generazioni, ma le parole non bastano. Servono sgomberi delle case occupate, tolleranza zero verso la microcriminalità e un ripensamento delle politiche di integrazione, che non possono limitarsi a “permessi di soggiorno munifici”, come ha detto il ministro Piantedosi. La sinistra, invece, deve smettere di coccolare chi delinque e riconoscere che la sicurezza dei cittadini viene prima delle ideologie.

Fares Bouzidi e Ramy Elgaml hanno scelto la strada del crimine, e le conseguenze sono state tragiche. Ma la vera tragedia è che Milano, ostaggio di una minoranza violenta e di una politica compiacente, rischia di perdere il controllo di interi quartieri. I carabinieri, che ogni giorno mettono a rischio la vita per proteggerci, meritano rispetto, non insulti. È ora di dire basta: chi semina caos, a prescindere dalla sua origine, deve essere punito senza clemenza. Il Corvetto non può diventare una banlieue, e Milano non può arrendersi alla legge della giungla.


Condannato il collega di Ramy, è stato lui ad ‘ucciderlo’ ultima modifica: 2025-06-26T16:51:35+00:00 da V
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