AFRICANO AGGREDISCE GUARDIE, DISTRUGGE AUTO OSPEDALE E LO STATO LO PREMIA
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**ROMA, LA FOLLIA DELL’UMBERTO I: EGIZIANO AGGREDISCE GUARDIE, DISTRUGGE OSPEDALE E LO STATO LO PREMIA**
**ROMA –** Si chiama “protezione internazionale”. Tre parole magiche che trasformano un criminale in una vittima, un aggressore in un perseguitato, un devastatore di ospedali in un poveraccio da coccolare. Mentre voi italiani pagate le tasse per avere servizi sanitari decenti, lo Stato usa i vostri soldi per proteggere chi quegli ospedali li distrugge a colpi di pietra.

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La scena è all’Umberto I, uno dei templi della sanità romana. Un egiziano senza fissa dimora, già destinatario di un decreto di espulsione e con numerosi precedenti penali, viene medicato per una ferita al polso. Come ringrazia? Prende a sassate tre guardie giurate, distrugge il gabbiotto di vigilanza, divelte le sbarre del pronto soccorso, semina il panico tra pazienti e infermieri. Non pago, distrugge l’auto nuova di un’infermiera, comprata con anni di sacrifici. “Sembrava posseduto”, dicono le guardie aggredite. Posseduto da cosa? Dalla rabbia? Dalla follia? No: dall’impunità.
I Carabinieri lo arrestano. Il tribunale lo condanna a 10 mesi. Con pena sospesa. Dieci mesi di nulla, dieci mesi di beffa, dieci mesi che equivalgono a una pacca sulla spalla e un “non farlo più”. Ma il colpo di genio è quello successivo: non solo non viene espulso, ma resta libero perché ha in corso una domanda di protezione internazionale per asilo politico. Asilo politico! Mentre lancia sassi contro chi lo sta curando!
È il circo più surreale e disgustoso che un Paese civile possa permettersi. L’aggressore diventa vittima, il violento diventa perseguitato, il criminale diventa intoccabile. E noi? Noi siamo il pubblico che paga il biglietto per questo spettacolo di follia. Con le tasse, con la paura, con la rabbia repressa.
Carmine Caforio, segretario generale dell’USMIA Carabinieri, ha ragione da vendere quando dice: «Non è più tollerabile». Ma il problema non è la tolleranza: è la viltà. La viltà di uno Stato che ha paura di difendersi, la viltà di una giustizia che preferisce assolvere piuttosto che condannare, la viltà di una politica che si genuflette davanti a ogni immigrato violento pur di non essere accusata di razzismo.
Quell’egiziano non è un clandestino: è un messaggio. Il messaggio che l’Italia è terra di conquista, che le nostre leggi sono di cartapesta, che i nostri valori sono in vendita. È il simbolo di un’invasione che non ha più limiti, perché chi dovrebbe fermarla è il primo a consegnare le armi.
Basta. Basta con questo teatrino dell’assurdo. Chi aggredisce le guardie di un ospedale deve essere punito con il carcere duro e poi espulso a vita. Chi ha precedenti penali non deve poter nemmeno avanzare domande di asilo: deve essere rispedito al mittente con il primo volo disponibile. Chi distrugge i beni pubblici deve risarcire lo Stato con anni di lavoro forzato.
Perché ogni giorno che quest’uomo passa libero per le strade di Roma è uno schiaffo a tutte le guardie giurate che rischiano la vita, a tutti gli infermieri che lavorano con stipendi da fame, a tutti i cittadini che all’Umberto I ci vanno per disperazione, non per divertimento.
**PS:** Quell’egiziano tornerà a delinquere. Lo sappiamo tutti. E quando lo farà, le stesse persone che oggi lo difendono si chiederanno come sia potuto accadere. La risposta è semplice: perché glielo avete permesso voi.
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