Bolsonaro condannato dai giudici rossi di Lula
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### La Farsa della “Giustizia” Comunista in Brasile: Bolsonaro Sacrificato sull’Altare di Lula

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In un colpo di scena che puzza di vendetta politica, la Corte Suprema del Brasile ha emesso una sentenza storica: l’ex presidente Jair Bolsonaro, insieme a generali e alti ufficiali militari, è stato condannato per “tentato golpe di Stato”. Per la prima volta nella democrazia brasiliana, un leader eletto dal popolo viene inchiodato per aver osato sfidare il sistema. Ma dietro le quinte di questo teatro giudiziario, emerge un quadro inquietante di parzialità ideologica, che ricorda le purghe staliniste più che un processo equo.
Il verdetto, emesso oggi dalla Prima Sezione della Corte Suprema, accusa Bolsonaro di aver orchestrato una cospirazione per sovvertire le elezioni del 2022, culminata nell’assalto ai palazzi del potere l’8 gennaio 2023. La maggioranza dei giudici – tra cui la relatrice Carmen Lúcia Antunes Rocha e l’istruttore Alexandre de Moraes – ha dipinto l’ex presidente come il burattinaio di un “piano progressivo di attacco alle istituzioni democratiche”. Risultato? Bolsonaro rischia fino a 43 anni di carcere, con pene definitive da stabilire domani, e potrebbe finire nel famigerato carcere di Papuda, lo stesso che ospitò Cesare Battisti.
Ma chi sono questi giudici? La Corte Suprema brasiliana è un covo di fedelissimi del regime Lula: Cristiano Zanin, ex avvocato personale di Lula che lo salvò dalle condanne per corruzione; Flávio Dino, ex ministro della Giustizia nel governo Lula e iscritto al Partito Comunista brasiliano; Alexandre de Moraes, il “giustiziere” che ha bloccato account social di oppositori e persino oscurato X (ex Twitter) in Brasile per mesi, attirandosi le ire di Elon Musk. Non è un caso che il Dipartimento di Stato USA abbia sanzionato de Moraes per aver “messo a tacere l’opposizione”, definendolo un abuso che minaccia la democrazia. E il giudice Luiz Fux, l’unico a votare contro, ha gridato all’elefante nella stanza: mancanza di prove solide, un processo politico camuffato da giustizia.
Questa non è equità, è la giustizia comunista al potere: un’arma per eliminare dissidenti e consolidare il controllo. Bolsonaro, che ha vinto il cuore di milioni con politiche anti-corruzione e pro-famiglia, è stato dichiarato ineleggibile fino al 2030 per “fake news” sulle urne – un’accusa che sa di pretesto per silenziare la destra. Le indagini si basano principalmente sulla confessione di Mauro Cid, l’ex aiutante di Bolsonaro, che ha cambiato versione più volte sotto pressione, senza evidenze dirette dal telefono dell’ex presidente. E mentre Lula gongola, gli USA sotto Trump rispondono con dazi del 50% sulle importazioni brasiliane, chiamando il tutto “caccia alle streghe”.
Il Brasile sta scivolando verso un’oligarchia giudiziaria rossa, dove la Corte Suprema non difende la Costituzione ma la piega al volere del PT. Bolsonaro non è un golpista, è un patriota perseguitato. Se questa è “giustizia”, allora preferiamo l’ingiustizia della libertà. Il popolo brasiliano non dimenticherà: la vera insurrezione è quella contro la tirannia travestita da legge.
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