Flottilla, i musulmani non vogliono gay a bordo

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By V settembre 22, 2025 12:32

Flottilla, i musulmani non vogliono gay a bordo

### La Follia della Flottiglia: Quando gli Attivisti LGBTQ Abbracciano Hamas, che li Getterebbe dai Tetti

La Flottiglia della Libertà, quel convoglio di sedicenti umanitari che sfida il blocco navale israeliano per portare “aiuti” a Gaza, si è trasformata in un circo di contraddizioni grottesche. A Bizerte, in Tunisia, il coordinatore locale Khaled Boujemâa ha annunciato le sue dimissioni con un gesto plateale, denunciando la presenza di attivisti LGBTQ, in particolare Saif Ayadi, che si definisce “queer activist”. Altre figure di spicco, come l’attivista Mariem Meftah e il presentatore Samir Elwafi, hanno alzato barricate, accusando la flottiglia di promuovere un’agenda “estranea” alla causa palestinese, una “linea rossa” che violerebbe le “valori della società” araba. Ma il vero scandalo non è la loro polemica interna: è l’assurda cecità degli attivisti LGBTQ che, con un misto di ingenuità e stupidità, si fanno megafono di Hamas, un’organizzazione che li getterebbe giù dai tetti senza esitazione.

Questa vicenda è l’ennesima prova del cortocircuito ideologico che affligge la sinistra occidentale e i suoi alleati. La Flottiglia, mascherata da missione umanitaria, non è altro che un’operazione di propaganda per legittimare Hamas, il gruppo terroristico che dal 7 ottobre 2023 – con il massacro di 1.200 israeliani, tra cui donne e bambini, e il rapimento di 250 ostaggi – ha dimostrato al mondo la sua natura brutale. Eppure, attivisti che si battono per i diritti LGBTQ si uniscono a questa causa, ignorando che a Gaza essere gay è una condanna a morte. Hamas, fedele alla sua ideologia jihadista, considera l’omosessualità un crimine punibile con la tortura o l’esecuzione. Le storie di giovani palestinesi gettati dai tetti o lapidati per la loro sessualità sono ben documentate, eppure questi attivisti “queer” si illudono che la loro presenza nella flottiglia sia un gesto di “solidarietà” universale.

La stupidità di questa alleanza è sbalorditiva. Hamas non solo reprime brutalmente l’omosessualità, ma promuove un’ideologia che vede ogni libertà individuale – inclusa quella di genere o orientamento sessuale – come una deviazione occidentale da schiacciare. L’Autorità Palestinese in Cisgiordania non è diversa: nel 2019, ha bandito le attività di gruppi LGBTQ, definendole “contrarie ai valori della società palestinese”. Eppure, Saif Ayadi e i suoi compagni di flottiglia pensano di poter marciare sotto la bandiera di Hamas, come se il loro attivismo potesse coesistere con un regime che li considera peccatori da eliminare. È come se un ebreo si unisse a un corteo neonazista per “pace” o un nero sfilasse con il Ku Klux Klan per “giustizia”. È un’autodistruzione ideologica che rasenta la farsa.

Le polemiche a Bizerte non fanno che evidenziare questa frattura. Khaled Boujemâa, Mariem Meftah e Samir Elwafi non si oppongono agli attivisti LGBTQ per un improvviso slancio di omofobia, ma perché vedono la loro presenza come una distrazione dalla “purezza” della causa anti-israeliana. Per loro, la lotta contro il “sionismo” deve essere monolitica, priva di qualsiasi agenda che possa alienare il consenso delle masse arabe, notoriamente conservatrici. Ma questa disputa interna è solo un sintomo di un problema più grande: la Flottiglia non è mai stata una missione umanitaria. È un’operazione politica che usa Gaza come scusa per attaccare Israele, mentre ignora il vero oppressore dei palestinesi: Hamas stesso, che ruba gli aiuti, usa i civili come scudi umani e trasforma la Striscia in un campo di battaglia per la sua jihad.

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E qui arriva il monito per l’Europa e l’Occidente. Gli attivisti LGBTQ che si uniscono alla Flottiglia non sono solo ingenui; sono complici di un’ideologia che minaccia le stesse libertà per cui dicono di battersi. Questo non è un problema confinato a Bizerte o Gaza. Nelle periferie delle nostre città – da Londra a Parigi, da Berlino a Stoccolma – le comunità di immigrati islamici di seconda generazione stanno crescendo, spesso educate in moschee radicali che predicano l’odio non solo contro Israele, ma contro ogni valore occidentale, inclusa l’accettazione dell’omosessualità. Tra una decina d’anni, quando queste comunità saranno maggioritarie in certi quartieri, potremmo vedere versioni locali di questa follia: “flottiglie” improvvisate, cortei pro-Hamas e attivisti “progressisti” che, come utili idioti, marciano fianco a fianco con chi li disprezza. I dati demografici non mentono: a Malmö, ad esempio, la popolazione musulmana supera già il 30% in alcune aree, e senza un’integrazione forzata, queste enclave diventeranno focolai di intolleranza.

La soluzione? Svegliarsi. Gli attivisti LGBTQ devono smettere di romanticizzare Hamas come “resistenza” e riconoscere che stanno sostenendo i loro carnefici. L’Europa deve agire con decisione: espellere i predicatori d’odio, chiudere le moschee della propaganda jihadista. Israele, nel frattempo, fa bene a mantenere il blocco su Gaza: non è crudeltà, ma difesa contro un nemico che non conosce compromessi. La Flottiglia, con le sue contraddizioni e i suoi “queer activists” illusi, è solo l’ultimo capitolo di una saga di ipocrisia. Se vogliamo salvare le nostre società – e le libertà che gli attivisti LGBTQ danno per scontate – dobbiamo smettere di finanziare e glorificare chi getterebbe tutti noi dai tetti, senza distinzioni.

Flottilla, i musulmani non vogliono gay a bordo ultima modifica: 2025-09-22T12:32:35+00:00 da V
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By V settembre 22, 2025 12:32
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