Migrante violenta tre donne ma niente carcere: “Non conosceva le leggi”
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### Un’Offesa alla Giustizia: Migrante Siriano Molesta Tre Donne in Inghilterra e Scampa al Carcere con la Scusa dell'”Ignoranza delle Leggi”. In Italia, Casi Analoghi Urgono una Riforma Urgente
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È una vergogna che grida vendetta, un affronto alle vittime e al buonsenso più elementare. Qais Al-Aswad, un richiedente asilo siriano di 26 anni, ha aggredito sessualmente tre donne innocenti mentre sfrecciava in bicicletta lungo la stessa pista ciclabile di Horley, nel Surrey. Gli episodi, consumati tra maggio e giugno di quest’anno, sono stati immortalati dalle telecamere di sorveglianza: un mostro che allunga la mano per palpeggiare le sue prede mentre le supera, riducendole a oggetti di un capriccio perverso. E la giustizia? Invece di sbatterlo dietro le sbarre, gli regala una pena sospesa, solo perché ha balbettato: “Non conoscevo le leggi britanniche”. Come se l’ignoranza scusasse la barbarie!
Immaginate la rabbia delle vittime: donne che camminano serene, magari tornando dal lavoro o da una passeggiata, e si vedono aggredite da un estraneo che le tratta come prede. Il primo assalto, il 23 maggio alle 21, su Consort Way: una giovane con la madre, reduce da una serata al pub, toccata senza pudore. Pochi giorni dopo, altre due: una madre di tre figli, sfiorata sul sedere mentre chiacchierava al telefono. E l’ultima, una passante ignara, vittima di un gesto fugace ma devastante. Tutto ripreso, tutto provato. Eppure, il tribunale di Staines Magistrates’ Court ha ritenuto “sufficiente” una condanna simbolica: niente carcere, solo un divieto di avvicinarsi alle donne e un corso di “rieducazione”. Perché? Perché il nostro eroe siriano, ospitato in un lussuoso hotel a quattro stelle – pagato dai contribuenti britannici, al Four Points by Sheraton di Horley – ha giurato di non sapere che in Occidente toccare una donna senza consenso è un crimine. Un’ignoranza “colpevole”? Macché, per i giudici è “scusabile”.
E non è un caso isolato, un’anomalia d’Oltremanica. Basta voltarsi dall’altra parte della Manica, in Italia, per scoprire un copione identico, ripetuto all’infinito, che umilia le nostre donne e infanga il sistema giudiziario. Qui da noi, l'”ignoranza delle leggi” – invocata come un jolly per immigrati – ha già prodotto sentenze che fanno ribollire il sangue. Ricordate il caso del migrante somalo a Salerno, nel 2017? Un avvocato, Carmen Di Genio, osò dire in aula che “gli immigrati non sanno che non devono violentare le donne”, scatenando un’onda di indignazione e richieste di radiazione. Eppure, quella frase non era fantasia: rifletteva una giurisprudenza che troppo spesso accetta l'”ignoranza inevitabile” come attenuante, basandosi su presunte “differenze culturali”.
Peggio ancora: la Cassazione ha trattato casi di “reati culturalmente motivati”, dove immigrati da Paesi con norme diverse – pensate alla violenza sessuale intraconiugale o alla circoncisione rituale – evitano condanne pesanti invocando l’ignoranza della nostra legge penale. In una sentenza del 2011, una donna egiziana fu prosciolta dall’accusa di esercizio abusivo della professione medica per aver circonciso un minore, perché “non integrata nel tessuto sociale italiano” e ignara che l’atto fosse reato. Ignoranza inevitabile, dissero i supremi giudici: un difetto di “raccordo” tra culture che non può risolversi “a danno dell’immigrato”. E la vittima? Il minore mutilato? Dimenticato sull’altare del multiculturalismo forzato.
Ma non fermiamoci ai precedenti astratti. Le cronache italiane pullulano di orrori simili. Prendete il marzo 2024: a Roma, due tunisini di 17 e 18 anni rapinano e abusano di un minorenne in strada, nella periferia degradata. Arrestati, ma il processo? Lento, con attenuanti per “minorità” e origini. O a Milano, lo stesso mese, un maliano irregolare con precedenti infiniti aggredisce due donne in Corso Buenos Aires, affollatissimo di pomeriggio. Toccate, umiliate, e lui? Libero di ripetere, grazie a un sistema che privilegia l’accoglienza sul castigo. E i dati? Non mentono, nonostante i fact-checker buonisti: il 39-42% delle violenze sessuali denunciate in Italia è commesso da stranieri, che sono solo l’8-9% della popolazione. Un’incidenza sette volte maggiore rispetto agli italiani. Immigrati irregolari, spesso, da culture patriarcali dove la donna è preda, non persona.
La premier Giorgia Meloni ha ragione a tuonare: “C’è un’incidenza maggiore nei casi di violenza sessuale da parte di immigrati, soprattutto illegali”. Lo dice lei, lo confermano i numeri del Viminale e dell’Istat – pur con la “sommersa” che gonfia il sommerso. Ma parole non bastano: basta con le pene sospese, i corsi opzionali, le giustificazioni culturali! L’articolo 5 del Codice Penale è chiaro: “Nessuno può invocare l’ignoranza della legge penale”. Punto. Che sia siriano o somalo, chi arriva qui deve sapere: toccare una donna è reato, ovunque. Altrimenti, è un invito a delinquere.
Le proteste fuori dall’hotel di Horley – 200 cittadini furiosi il 20 agosto – sono un monito. In Italia, replichiamolo: marce, petizioni, pressione sui tribunali. Le nostre donne meritano sicurezza, non scuse. Basta multiculturalismo ipocrita che protegge i carnefici e punisce le vittime. È tempo di giustizia vera, o questa Europa – e questa Italia – diventerà un far west per predatori. Vergogna eterna su chi tollera l’intollerabile.



Ah non conosceva le leggi.
Quindi nei loro paesi in Africa e Asia fanno così…