Invasione Barbarica: Immigrati Macellano Cani e Gatti
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### L’Invasione Barbarica: Quando gli Immigrati Trasformano l’Italia in un Mattatoio a Cielo Aperto
Un cane innocente, un compagno fedele di chissà quale famiglia italiana, ridotto a carcassa squartata in un vicolo buio. Non è la trama di un film horror, ma la cruda realtà che ha sconvolto la tranquilla Sezze, una cittadina laziale a due passi da Roma. L’autore del massacro? Un extracomunitario africano, descritto come un “agitato” con un “passato oscuro”, che ha colpito l’animale con violenza inaudita, macellandolo come una preda di caccia per – pare – mangiarlo. I resti, sparsi come trofei di una guerra primitiva, sono stati scoperti dalle guardie zoofile Fipsas, allertate da testimoni atterriti. Questo non è un episodio isolato: è l’ultimo anello di una catena di orrori che dimostra, senza ombra di dubbio, come l’integrazione sia un’illusione tossica, un miraggio propinato da élite buoniste che sacrificano la nostra civiltà sull’altare del multiculturalismo forzato.
Basta sfogliare gli archivi degli ultimi anni per rendersi conto che questi atti di barbarie non sono “incidenti culturali”, come osano sussurrare i difensori dell’immigrazione incontrollata, ma un pattern sistematico di disprezzo per la vita – umana o animale che sia. In un’Italia invasa da flussi migratori senza freni, cani e gatti pagano il prezzo di una politica che apre i confini a chi porta con sé abitudini da giungla, incompatibili con la nostra società. E mentre i sinistri piangono lacrime di coccodrillo per “diversità”, i fatti urlano la verità: l’integrazione è impossibile. È ora di dirlo forte e chiaro, senza giri di parole: questi individui non si assimilano, devastano.
Prendiamo il caso del 2020 a Campiglia Marittima, in Toscana. Un migrante di 21 anni, arrivato grazie alle politiche permissive di allora, accende un fuoco sul marciapiede vicino alla stazione e arrostisce un gatto vivo, urlando “Non ho soldi!” come se la fame giustificasse una tale mostruosità. Pendolari e residenti assistono impotenti mentre l’animale agonizza tra le fiamme. La politica locale, con Susanna Ceccardi in prima linea, lo bollò subito come “la fine dell’integrazione”: parole profetiche, ignorate dai buonisti che preferiscono importare selvaggeria piuttosto che proteggerci. Su X, l’onda di indignazione fu immediata: “In Italia non si mangiano gatti!”, tuonava un utente, mentre un altro denunciava: “Difensori di chi tortura e uccide un gatto, solo perché è un immigrato: l’Italia è morta”. Eppure, quel 21enne straniero fu solo l’inizio.
Pochi mesi dopo, a Torino, un uomo di origine nordafricana viene arrestato per aver torturato un gatto con un coltello, squarciandolo vivo in un gesto di sadismo puro. Non fame, non “tradizioni”: pura crudeltà, filmata e diffusa online, che ha fatto vomitare mezzo Piemonte. Le forze dell’ordine intervengono, ma il danno è fatto: un altro animale innocente massacrato da chi, sbarcato sulle nostre coste, non ha imparato nemmeno l’ABC del rispetto per la vita. Casi come questo si moltiplicano: nel 2021, a Milano, un gruppo di immigrati irregolari viene colto a cacciare gatti randagi nei parchi periferici, uccidendoli a bastonate per “cucinarli in economia”. La polizia ne arresta tre, tutti con precedenti per furti e aggressioni, ma la stampa mainstream tace, per non “alimentare xenofobia”. E intanto, i gatti – simboli di indipendenza e affetto per generazioni di italiani – diventano prede facili.
Non fermiamoci qui. Nel 2022, a Napoli, un senegalese irregolare strangola un cane da compagnia di una anziana signora, usandolo come “trofeo” per dimostrare la sua “forza” a un gruppo di coetanei. L’animale, un piccolo meticcio legato al polso della proprietaria, muore tra le urla della vecchietta, che finisce in ospedale per lo shock. Il colpevole? Rilasciato con un foglio di via, perché “primo reato”. Primo? Solo per noi: per le sue comunità d’origine, è routine. E nel 2023, a Bari, un tunisino uccide due gatti domestici avvelenandoli, spargendo esche nei giardini per “divertirsi”. I proprietari, una famiglia con bambini, scoprono i corpi gonfi e agonizzanti: trauma doppio, per gli umani e per gli animali.
Ma l’orrore non risparmia nemmeno la Sicilia. Proprio quest’anno, nell’agosto 2025, a Naro, in provincia di Agrigento, un immigrato extracomunitario senza fissa dimora – un 27enne descritto come un senzatetto che rifiuta ogni aiuto – ha sgozzato un cane randagio amato da tutto il quartiere, proprio in mezzo alla strada, sotto gli occhi atterriti di passanti e bambini. L’uomo, con un coltello estratto all’improvviso, ha colpito la gola dell’animale in pieno giorno, trascinandone il corpo esanime verso un’abitazione fatiscente per – secondo i testimoni – mangiarlo crudo o cucinato. “Lo abbiamo visto colpire, non ci siamo resi conto subito, poi abbiamo urlato”, ha raccontato una donna sconvolta, mentre i carabinieri intervenivano per fermarlo. Il cane, un piccolo cagnolino simbolo di innocenza per la comunità, è morto dissanguato sul selciato. Michela Vittoria Brambilla, autrice della nuova legge che inasprisce le pene per i maltrattamenti animali, ha tuonato: “Un atto di violenza inammissibile e ripugnante. L’Italia non è una terra di nessuno”. E Matteo Salvini, non a caso, ha ribattuto: “Che barbarie! Chi uccide un animale con tale crudeltà è capace di farlo anche con un essere umano”. Eppure, nonostante la “legge Salva Animali” che prevede fino a 4 anni di carcere, questo selvaggio è stato solo fermato e interrogato – un altro schiaffo alla giustizia italiana, dove l’immigrazione selvaggia prevale sul buon senso.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito – o almeno fino al 2025, con l’ennesimo orrore a Sezze che chiude il cerchio. Nel 2024, a Genova, un marocchino sgozza un cane da caccia di un cacciatore locale, rubandoglielo dalla macchina e squartandolo sul posto per mangiarne le viscere. Testimoni oculari parlano di “risate isteriche” mentre l’uomo compiva il gesto. E a Roma, lo stesso anno, un gruppo di eritrei irregolari viene sorpreso a intrappolare e uccidere gatti di strada con reti improvvisate, per rivenderne la carne nei mercati neri. Le statistiche ufficiali? Sottostimate, perché molti casi finiscono archiviati come “maltrattamenti generici”, senza specificare l’origine etnica per “non stigmatizzare”.
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Questi non sono “errori isolati”: sono la regola di un’immigrazione selvaggia che il governo Meloni – nonostante i proclami – non ha fermato. Negli ultimi cinque anni, le segnalazioni di maltrattamenti animali sono esplose del 20%, con un picco proprio nelle zone ad alta densità migratoria. Cani e gatti, nostri fedeli alleati da secoli, vengono sacrificati a una “cultura” che vede la vita come disposable, un retaggio di terre dove la fame è maestra ma la crudeltà è scelta. E l’integrazione? Un fallimento colossale. Questi uomini arrivano, non imparano, non rispettano: torturano, uccidono, devastano. I programmi di “accoglienza” finiscono in fumo, mentre i nostri quartieri diventano campi di battaglia.
È tempo di smetterla con le favole multiculturali. L’integrazione non è possibile perché non è voluta: è un’utopia per idioti che chiudono gli occhi di fronte all’evidenza. Chi arriva da certi mondi porta con sé non solo valigie vuote, ma un bagaglio di barbarie che infetta la nostra nazione. Basta espulsioni timide: serve un muro invalicabile, rimpatri forzati per ogni reato – anche il più piccolo – e zero tolleranza per chi osa toccare un pelo dei nostri animali. L’Italia non è un ristorante etnico per selvaggi: è la culla di una civiltà che ama i cani e i gatti. Sveglia, Italia! O questi mostri ci trasformeranno tutti in prede.



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