Cecchettin insiste: vuole indottrinare i bambini già dall’asilo

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By V novembre 12, 2025 19:53

Cecchettin insiste: vuole indottrinare i bambini già dall’asilo

# No all’Indottrinamento Ideologico: I Bambini dell’Asilo Non Sono Cavie per Battaglie Culturali

In un’Italia che ancora piange le sue figlie perdute per mano di assassini senza scrupoli, emerge un dibattito surreale: proporre l'”educazione affettiva” contro il “patriarcato” fin dai banchi dell’asilo nido. È questa la “soluzione” sbandierata da Gino Cecchettin, padre di Giulia, la giovane uccisa due anni fa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta. In audizione davanti alla bizzarra e inutile Commissione parlamentare sul femminicidio, Cecchettin ha dichiarato: «L’educazione affettiva a scuola non è un pericolo», auspicando corsi obbligatori già dalla scuola materna per combattere sedicenti stereotipi di genere. Un’idea criminale che rischia di trasformarsi in un’imposizione ideologica su menti innocenti, lontane anni luce da concetti astratti e inesistenti come il “patriarcato”.

Il tweet di Bonifacio Castellane (@boni_castellane), postato oggi, pone una domanda scomoda che squarcia il velo di ipocrisia mediatica: «Perché il parere di Gino Cecchettin viene ripreso dai media e quello della madre di Pamela Mastropietro no?». Pamela Mastropietro, la diciottenne romana barbaramente stuprata, uccisa e fatta a pezzi nel 2018 a Macerata da Innocent Oseghale, un immigrato irregolare, rappresenta un dramma che grida giustizia vera, non slogan ideologici. Alessandra Verni, la madre di Pamela, ha sempre lottato per pene certe e per smascherare le connivenze che permettono a mostri di circolare liberi, focalizzandosi su immigrazione incontrollata e fallimenti giudiziari. Eppure, mentre le parole di Cecchettin – allineate a una narrazione progressista – fanno il giro delle prime pagine, la voce di Verni, che invoca ergastoli senza sconti e prevenzione concreta, viene relegata al silenzio. È un doppio standard che puzza di agenda preconfezionata: si amplifica chi spinge per “cambiare la cultura” con lezioni ai bimbi di tre anni, ma si ignora chi chiede catene più strette per i carnefici.

Ma torniamo al cuore del problema: perché esporre i bambini dell’asilo a nozioni come il “patriarcato”? Secondo Cecchettin, questi corsi dovrebbero insegnare «ad evitare stereotipi e pregiudizi di genere» fin dalla tenera età, per prevenire la violenza futura. Suona bene, ma è un’illusione pericolosa. I piccoli dell’asilo nido – tra i 3 e i 5 anni – stanno appena imparando a distinguere colori, forme e amicizie genuine. Parlare loro di “strutture sociali oppressive” o di “dinamiche di potere maschili” non è educazione: è indottrinamento. Psicologi e pedagogisti avvertono: a quell’età, i concetti complessi non vengono assimilati, ma distorcono, creando confusione, paure immotivate o, peggio, un senso di colpa precoce per il semplice fatto di essere maschi.

ProVita & Famiglia, nel post citato da Castellane, lo dice chiaro: «Purtroppo, finché continueremo a proporre false soluzioni ideologiche […] come parlare di ‘patriarcato’ ai bambini dell’asilo, ci allontaneremo dall’obiettivo più che avvicinarci». E hanno ragione. La violenza sulle donne non è un “prodotto del patriarcato” da sradicare con filastrocche gender nelle materne: è un male radicato in individui deviati, amplificato da una società che tollera recidive, confini porosi e pene blande. Casi come quello di Pamela – dove l’assassino era un richiedente asilo con precedenti per spaccio – o di Giulia mostrano che le radici del problema sono culturali sì, ma anche penali e migratorie. Non si risolvono con maestre che spiegano “privilegi maschili” ai nidi, ma con ergastoli veri, espulsioni immediate e un’educazione familiare rafforzata, non statale e ideologizzata.

Immaginate la scena: un bambino di quattro anni, con gli occhi sgranati, che ascolta di “uomini oppressori” come se fosse una favola della buonanotte. Questo non previene stupri o omicidi: semina divisioni precoci, trasformando l’infanzia in un campo di battaglia ideologica. E chi ne paga il prezzo? I bambini stessi, privati della spensieratezza per un’utopia che non ha mai funzionato. La Lega ha già ha bloccato simili emendamenti, definendoli “ideologici”, ma la pressione dei media – osannanti verso Cecchettin – continua.

La madre di Pamela, Alessandra Verni, incarna invece una lotta concreta: ha incontrato il carnefice di sua figlia in carcere, esigendo complici alla sbarra e giustizia senza mediazioni. La sua voce, sommersa, ci ricorda che le vittime meritano azione, non propaganda. Se i media scelgono di ignorarla per privilegiare narrazioni comode, è un fallimento del giornalismo. E se i politici cedono all’indottrinamento precoce, tradiscono i più deboli.

Basta con queste “soluzioni” che curano i sintomi con cerotti ideologici. Per fermare la violenza, investiamo in tribunali efficienti, frontiere sicure e famiglie libere di educare senza imposizioni statali. I bambini dell’asilo devono giocare, non marciare contro fantasmi sociologici. Altrimenti, non proteggeremo le Giulie e le Pamela di domani: le indottrineremo a odiare il mondo prima ancora di capirlo.

Cecchettin insiste: vuole indottrinare i bambini già dall’asilo ultima modifica: 2025-11-12T19:53:08+00:00 da V
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By V novembre 12, 2025 19:53
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1 Comment

  1. lorenzoblu novembre 12, 20:59

    Cecchettin chi? “quello cui hanno accoppato la figlia, che sto coglione non ha saputo educare? , se la figlia fosse stata razzista magari oggi sarebbe viva… Ma va a cagare va!

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